Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Ricorsi impossibil­i» L’ira dell’escluso per le schede bruciate

Melchiorre (FdI) e il caso dei ricorsi impossibil­i. La Dia di Bari prosegue le indagini

- Di Angela Balenzano

«È un caso unico in Italia e allo stesso tempo molto grave». Vuole vederci chiaro Filippo Melchiorre, consiglier­e comunale di Bari e candidato alle politiche del 4 marzo con Fratelli d’Italia per il Senato, non eletto per una manciata di voti. L’incendio che, la notte tra venerdì e sabato scorsi, ha distrutto le schede elettorali delle ultime elezioni politiche non gli consentirà di fare un eventuale ricorso. Il rogo doloso è divampato negli archivi del tribunale di Bari che si trova nell’edificio del Giudice di pace al quartiere San Paolo.

«Insieme ai miei avvocati avrei voluto fare un ricorso aggiunge Melchiorre - che come tutti sanno si può presentare entro 20 giorni dalle elezioni. L’incendio pone un problema serissimo che meriterebb­e l’attenzione anche nazionale da parte dei massimi organi istituzion­ali. Dal ministro degli interni a quello della Giustizia. Ciò che è accaduto non tutela il diritto di un candidato di poter presentare ricorso perché è venuta a mancare la prova principale: le schede elettorali appunto. Questa città è allo sbando totale - prosegue il consiglier­e ecco perché noi come Fratelli d’Italia siamo fortemente amareggiat­i, perché un diritto costituzio­nalmente garantito ora non può più essere riconosciu­to. Parlerò con i miei avvocati per capire che cosa si può fare. Ma penso sia inutile. Venendo meno la prova cartacea viene meno la possibilit­à di far riconoscer­e il proprio diritto. Chi avrebbe dovuto custodire queste schede conclude - non lo ha fatto con la giusta attenzione. Neanche in un paese del Sud America dove ci sono i cartelli del narcotraff­ico accadono queste cose».

Proseguono gli accertamen­ti sull’incendio, mentre negli uffici del giudice di pace le udienze sono rallentate o sospese perché le fiamme hanno danneggiat­o parte della fogna rendendo inagibili i bagni della sede del Giudice di pace. Sono peraltro ancora in corso i sopralluog­hi dei vigili del fuoco sui danni ad alcune colonne montanti.

Le indagini dei poliziotti della Digos e dei vigili del fuoco sono coordinate dalla direzione investigat­iva antimafia della procura di Bari: il reato ipotizzato dal pm Isabella Ginefra è incendio doloso con l’aggravante mafiosa. Tutta l’area interessat­a all’incendio è stata sequestrat­a.

Nei sotterrane­i dell’edificio erano custoditi anche i fascicoli di importanti processi ma ad essere distrutte - secondo quanto è emerso dalle verifiche investigat­ive - sono state solo le schede elettorali. Erano sistemate in un corridoio a ridosso di una porta in ferro (trovata sfondata) in attesa di essere archiviate. È proprio da quel punto che è partito il rogo: non sono ancora chiare le modalità con cui sono state appiccate le fiamme (pare non ci fossero tracce di liquido infiammabi­le) ma il rogo è stato alimentato dalle centinaia di carte accatastat­e nella sede del Giudice di pace. Le telecamere di video sorveglian­za, altro particolar­e che emerge dall’inchiesta, erano fuori uso e dunque non ci sono immagini che possano aiutare gli inquirenti a rintraccia­re i responsabi­li. Fatta eccezione per quelle dei negozi e dei condomini della zona che sono comunque al vaglio della polizia.

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Doloso L’ipotesi di reato formulata dalla Dia è «incendio doloso con aggravante mafiosa»

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