Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Bambini a scuola di odio dall’Isis
Terrorismo Le lezioni si tenevano nell’associazione Al Dawa. Il centro utilizzato per reclutare combattenti Foggia, arrestato 59enne di origine egiziana. Diceva ai piccoli di sgozzare i miscredenti
Indottrinava i bambini sul martirio, invitandoli a sgozzare i miscredenti, durante le lezioni di religione che teneva nell’associazione culturale islamica «Al Dawa» di Foggia. Il 59enne Abdel Rahman, cittadino italiano di origine egiziana, è stato arrestato su disposizione della Dda di Bari con l’accusa di terrorismo internazionale.
Da tempo saliva in cattedra per tenere lezioni di martirio, insegnava ai bambini come sgozzare «i miscredenti», mostrava i disegni delle granate e i video delle esecuzioni, il tutto in un luogo spacciato per un centro culturale nel centro di Foggia che invece da anni era ormai punto di riferimento per il jihadismo e addirittura anello di congiunzione tra le frange caucasiche, balcaniche e arabe della galassia del terrorismo islamista. Lui, Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman, 59 anni, egiziano divenuto cittadino italiano dopo il matrimonio con una donna di Foggia, il cattivo maestro che predicava morte al servizio delle strategie stragiste dell’Isis, l’uomo determinato a trasformare i suoi allievi in kamikaze, è stato arrestato ieri da polizia e guardia di finanza nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari: è accusato di terrorismo internazionale e istigazione a delinquere.
Il blitz rappresenta una svolta nelle indagini della Dda, che da tempo ha puntato i riflettori su “Al Dawa”, l’associazione culturale di via Zara presieduta proprio dal 59enne, poco distante dalla stazione ferroviaria, un portone come tanti oltre il quale si celava una base per il reclutamento e l’indottrinamento. Tanto più che Rahman poteva contare su ingenti somme di denaro: nel corso dell’operazione la guardia di finanza ha sequestrato tre conti correnti con 370 mila euro, il tesoro messo insieme con la raccolta fondi dei musulmani che frequentavano quello spazio trasformato in moschea su cui adesso sono stati apposti i sigilli. L’inchiesta è condotta dai sostituti procuratori antimafia Giuseppe Gatti e Lidia Giorgio, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Giannella. All’esame della magistratura ci sono video e documenti digitali condivisi sul web da quello che in apparenza era un insegnante di principi religiosi, tracce rimaste su facebook, whatsapp e twitter, propaganda jihadista in cui si spiega come costruire bombe e si teorizza l’obbligo di distruggere le chiese per trasformarle in moschee «individuando l’Italia – precisano gli inquirenti – come obiettivo dell’attività terroristica».
Secondo gli investigatori, il 59enne portava avanti una massiccia attività di indottrinamento, metteva in atto un lavaggio del cervello nei confronti dei bambini mirato ad assecondare le logiche feroci del terrorismo. «Vi invito a combattere i miscredenti, i crociati, gli ebrei, gli atei, i tiranni arabi e i loro eserciti»; «con le vostre spade tagliate le loro teste oppure sparate con i vostri proiettili, con le vostre cinture esplosive fate saltare in aria i loro corpi»; e poi ancora: «Occorre rompere il cranio dei miscredenti e bere il loro sangue per ottenere la vittoria». Erano questi alcuni dei proclami che Rahman rivolgeva a bimbi tra i quattro e i dieci anni. I quali sono stati sottoposti a una costante violenza psicologica, come sottolineato dal procuratore Giuseppe Volpe, che ha segnalato il caso al Tribunale per i minorenni «affinché – spiega il magistrato – vengano verificate le loro condizioni e si possa avviare un percorso di acquisizione dell’equilibrio mentale». Perché là dentro, oltre la facciata di un’associazione culturale, si celava una fabbrica del consenso per le ideologie terroristiche e rimbalzavano proclami di morte scanditi in italiano e fotogrammi dell’orrore raccolti sul web. Da internet venivano infatti scaricati video sull’addestramento dei bambini, che in un filmato sgozzano «i miscredenti» e mostrano le teste come un macabro trofeo. Ragazzini trasformati in belve: per il cattivo maestro era quello l’esempio da seguire.