Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Pizzo sui cantieri, condannati il boss e chi restò zitto
Mafia Pena pesante per l’imprenditore vittima del racket
Il gup Alessandra Susca ha condannato 35 imputati a pene comprese fra i 20 anni e i 10 mesi di reclusione al termine del processo nei confronti del clan Parisi e di alcuni imprenditori, su decine di episodi di estorsione ai cantieri edili, fatti - secondo l’accusa imponendo guardianie e carichi di merci da fornitori amici. Al boss del quartiere Japigia di Bari, Savinuccio Parisi, il giudice ha inflitto la pena di 10 anni di reclusione. Condannato anche un imprenditore che non ha denunciato.
A pagare il prezzo di non aver denunciato le estorsioni sono stati anche gli imprenditori. Uno di loro, Francesco Latorre, è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione. La sentenza di condanna nei confronti di 35 imputati (pene comprese tra i 20 anni e 10 mesi) è stata emessa ieri dal gup Alessandra Susca al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato e che ha visto alla sbarra il boss del quartiere Japigia di Bari, Savinuccio Parisi. A quest’ultimo (presente in aula in video conferenza) è stata inflitta una pena di 10 anni di reclusione. Agli atti del procedimento penale ci sono decine di episodi di estorsioni fatte dal clan Parisi che imponeva secondo l’accusa -guardianie e carichi di merci da fornitori amici. La condanna più alta a 20 anni di carcere è stata inflitta a Michele Parisi, fratello del capoclan. Oltre all’imprenditore Latorre, tra i 37 imputati c’era anche l’imprenditore Filippo Serino, difeso dall’avvocato Nicola Lerario, che invece è stato assolto con formula piena. Altri cinque imprenditori sono attualmente a processo con il rito ordinario, lo stesso in cui è imputato il figlio del boss, il cantante neomelodico Tommy Parisi.
«Non può esistere una zona grigia nel mondo imprenditoriale. Chi non denuncia e non collabora ne paga le conseguenze perché la mafia si alimenta con il consenso dei cittadini - ha detto il procuratore aggiunto Francesco Giannella poco dopo la lettura della sentenza nell’aula bunker di Bitonto- in questo processo c’erano sia gli imprenditori che hanno denunciato e collaborato alle indagini e che si sono costituiti parte civile, sia coloro che da vittime sono diventati conniventi. La condanna per concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti di uno di questi imprenditori - ha concluso Giannella - è un segnale forte, perché segna il confine tra chi denuncia e chi no. E chi non collabora ne paga le conseguenze».
Il giudice ha inflitto la condanna a 13 anni e 4 mesi per l’altro fratello del boss, Giuseppe Parisi, 9 anni e 4 mesi per il boss Eugenio Palermiti (ex braccio destro di Savinuccio), 10 anni sono stati inflitti al pluripregiudicato Battista Lovreglio, 10 anni per il nipote del boss, Tommaso Parisi. A vario titolo gli imputati rispondevano di associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di armi, lesioni personali, violazione di domicilio, invasione di terreni e edifici, furto, illecita concorrenza con minaccia e violenza e favoreggiamento. L’indagine della squadra mobile ribattezzata «Do ut des» a marzo del 2016 portò all’arresto di trenta persone: i fatti contestati risalgono agli anni 20102015.
Il metodo estorsivo del clan Parisi - secondo l’accusa - pur partendo dall’imposizione della guardiania nei cantieri, si era perfezionato con l’affare dei subappalti: incarichi che le imprese edili erano costrette a dare alle ditte amiche del clan, che a loro volta davano ai Parisi una percentuale.
Nell’aula ieri mattina erano presenti alcuni parti civili: il vicesindaco Pierluigi Introna per il Comune di Bari e il presidente di Confindustria, Domenico De Bartolomeo, tra gli imprenditori che hanno denunciato.
L’inchiesta
L’indagine della polizia portò all’arresto di 30 persone: i fatti risalgono al 2010-2015