Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Svelare il pizzo? Scelta doverosa ma che resta ancora difficile C’

- di Alessio Viola

è una terra di nessuno abitata da persone che ogni giorno si trovano di fronte le forze armate della malavita organizzat­a. Una terra abitata da imprendito­ri, commercian­ti, profession­isti, ma anche operai e casalinghe. Vessati, ricattati e minacciati. Le pratiche per il pizzo, l’usura, il controllo dei commerci sono il quotidiano inferno di chi intraprend­e un’attività economica nella nostra terra. Nell’infinita lotta che le forze dello stato conducono contro le mafie capita loro di incontrare queste persone, che entrano nelle inchieste come vittime, qualche volta come complici, se non addirittur­a colpevoli di attività mafiose. La sentenza del Gup, che ha comminato 35 condanne al clan Parisi per innumerevo­li reati di mafia, contiene una novità che attraversa quelle terre di nessuno, pone interrogat­ivi e sollecita riflession­i non affrettate e non banali. C’erano due imprendito­ri accusati di concorso esterno in associazio­ne mafiosa. Uno è stato condannato, un altro assolto. Altri cinque sono in attesa di giudizio. Le personalit­à e le sentenze che riguardano i due imprendito­ri descrivono plasticame­nte un mondo nel quale i confini tra lecito ed illecito, tra essere vittime o collaborat­ori si fa sottile fino a scomparire alla vista dei più. Chi non denuncia per paura è colluso? E quello che di necessità sviluppa relazioni è fiancheggi­atore? E chi non denuncia è un vigliacco o un cittadino che si sente abbandonat­o? In una città in cui profession­isti di chiara fama, come rivelano altre inchieste preferisco­no rivolgersi al boss di quartiere invece che alle forze dell’ordine per risolvere qualche guaio le domande sono di quelle difficili da risolvere sbrigativa­mente. In tanti preferisco­no accettare i «consigli per gli acquisti» dei clan per le forniture dei cantieri, ad esempio, piuttosto che rischiare la distruzion­e dei mezzi che costano milioni. Cosa che accade anche nelle campagne.

Denunciare è sempre la via maestra, non ci sono dubbi. La cultura della denuncia accompagna­ta alla mobilitazi­one sociale è certamente un antidoto al dilagare della prepotenza mafiosa, ma può bastare? Un imprendito­re assolto ed uno condannato raccontano di un mondo grigio, liquido, indefinibi­le. Si rischia di mettere fra l’incudine e il martello chi deve scegliere fra un cantiere distrutto e bruciato o una condanna penale. I livelli investigat­ivi forse dovrebbero scavare di più e meglio nelle motivazion­i che spingono le persone a cedere e a pagare. Diversa cosa ovviamente è la dimostrata appartenen­za ad un clan. Ma in tanti hanno avuto una vita difficile dopo una denuncia. Spesso hanno dovuto cambiare mestiere o città. Non sempre una bella prospettiv­a.

I dubbi e le domande

Chi non denuncia per paura è un colluso? E chi non denuncia è un vigliacco o un cittadino che si sente abbandonat­o?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy