Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
IL SUD AFFOSSATO DAI CLAN
L’ultima inchiesta della Procura di Bari, che ha consentito di eseguire 18 arresti all’alba di ieri, conferma come il condizionamento mafioso possa calpestare e soffocare le speranze di un territorio, fino a compromettere ciò che è alla base di una comunità intera: dall’erogazione dei servizi ai cittadini alla libera iniziativa di impresa. Le indagini che si sono accavallate nel corso degli anni rivelano che l’offensiva militare della criminalità organizzata prelude o comunque è funzionale a un’occupazione di spazio a livello economico e sociale: è scandita dalle intimidazioni secondo il metodo mafioso applicato dai soldati dei clan, ma è pensata e messa in atto sulle orme di un copione a tinte fosche consolidato e per nulla improvvisato, che prevede il condizionamento di piccole e grandi realtà produttive destinate a essere progressivamente trasformate in una specie di cassa continua da saccheggiare per il rastrellamento di liquidità finanziaria o in fabbriche del consenso attraverso l’offerta di posti di lavoro.
«In questo momento di crisi economica il nostro obiettivo essenziale è liberare il territorio dalla pressione della criminalità», dice il procuratore aggiunto Francesco Giannella.
Il magistrato non manca di sottolineare come la crescita limitata del Sud Italia sia da addebitare anche al problema della legalità. In effetti - ha certificato di recente l’Istat - la differenza tra il prodotto interno lordo per abitante del Nord e quello del Mezzogiorno dove è forte la presenza delle cosche, è un abisso di circa sedicimila euro. Del resto già tempo fa, in un incontro all’Università Statale di Milano, il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi spiegò che «tra i fattori inibenti dell’economia italiana vi è anche l’infiltrazione mafiosa nella struttura produttiva». A questo proposito Draghi citò proprio il caso di Puglia e Basilicata, precisando che a causa della criminalità organizzata in questi territori si è verificata «negli ultimi trent’anni una flessione del Pil di venti punti percentuali». Alla mancata crescita si aggiunge poi l’arretramento, considerato che l’usura o il racket, fenomeni che a Bari hanno assunto i contorni dell’emergenza, portano al fallimento di decine di imprese ogni giorno in Italia. È evidente, quindi, come il radicamento di strutture criminali si traduca in una zavorra fatale per qualsiasi prospettiva di rilancio del Meridione, dove la lacerazione del tessuto socioeconomico determina un crollo degli investimenti: non soltanto quelli dei grandi gruppi industriali, ma anche quelli di privati cittadini, gente che col proprio spirito di iniziativa potrebbe contribuire a risollevare le sorti di quartieri permeati da un’illegalità diffusa. Nel frattempo, mentre il divario tra Nord e Sud aumenta, le cosche continuano a incassare. E tanto. Basti pensare che secondo un rapporto di Sos Impresa la mafia solo nel ramo commerciale muove quasi cento miliardi di euro in un anno: vale a dire circa il 7 per cento del Pil nazionale.