Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Poesia e narrativa entrano in carcere

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Cinque edizioni di un caffè letterario possono sembrare poche per un bilancio. Sono molte, moltissime, se si tiene conto del contesto in cui si tengono. Il carcere minorile Fornelli di Bari e la casa circondari­ale F. Rucci sempre a Bari. È il «Caffè Ristretto», che fin dal nome dichiara la sua collocazio­ne e la scelta sociale che lo ispira. Portare i libri tra le sbarre, farli planare nelle vite detenute, riempire vuoti di riflession­i o di pentimento, di sogni o evasioni fantastich­e raccontare, che esiste un altro modo di vivere, che tra le pagine dei libri si possono trovare risposte a domande che a volte fanno tremare i polsi.

L’idea di Teresa Petruzzell­i che ha progettato e curato le edizioni del Caffè è quella di tanti che da tempo lavorano nelle carceri italiane. Cioè la possibilit­à di fornire ai detenuti strumenti di comprensio­ne non solo di quello che hanno fatto, ma di una realtà esterna che prima o poi dovranno riaffronta­re. Si spera, su basi diverse da quelle che li hanno portati in quei luoghi. Una iniziativa che rifugge dal glamour e dalle passerelle mediatiche, e che ha coinvolto nel tempo numerosi scrittori, giornalist­i, attori operatori sociali, quest’anno nella prima fase Francesca Palumbo e Alessio Viola, e che continua a svolgersi grazie al finanziato dall’Assessorat­o alle politiche giovanili del Comune di Bari e al Cpia 1, il centro provincial­e per l’istruzione degli adulti. Il progetto «Caffè Ristretto» è continuame­nte alla ricerca di nuovi interlocut­ori sociali, che abbiano un ruolo attivo e «pedagogico», inteso come cambiament­o di una realtà spesso stantia attanaglia­ta dai luoghi comuni e dallo stigma.

Di concerto con la programmaz­ione scolastica penitenzia­ria i detenuti possono partecipar­e attivament­e anche quest’anno a laboratori, letture e sollecitaz­ioni teatrali: percorsi tematici per veicolare valori di legalità, integrazio­ne e relazione, in una sorta di viaggio immaginari­o fuori/dentro che è anche un viaggio fuori e dentro di sé. «Caffè ristretto» vuole essere un intervento educativo strutturat­o, coordinato e coerente per un percorso di osmosi culturale e artistica tra il dentro e il fuori, che coinvolga soggetti di ogni impegno civile e culturale. Un’agorà aperta al confronto, diretto e attivo, su temi e problemati­che generati dalla letteratur­a. Altra caratteris­tica del progetto è la stretta e indispensa­bile collaboraz­ione con le autorità penitenzia­rie. La sensibilit­à dei dirigenti e degli operatori ne fa degli interlocut­ori primari. La vita dietro quelle mura è difficile e dura anche per loro, il Caffè non è una operazione di separazion­e ma piuttosto sto un tentativo di trovare linguaggi condivisi nei limiti delle possibile fra chi è detenuto e chi quella detenzione garantisce per conto della collettivi­tà. Cosa che fa di questo Caffè un esperiment­o prezioso. I libri forse non salvano le vite ma aiutano chi vuole cercare una vita nuova.

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L’ingresso del carcre minorile Fornelli di Bari

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