Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

I penultimat­um dati nel salotto di Vespa

- di Giovanni Sasso

In questi anni Luigi Di Maio e i leader 5 Stelle hanno interpreta­to alla perfezione il ruolo di instancabi­li oppositori di un sistema. Un sistema non tanto politico, quanto simbolico-linguistic­o. Sono stati percepiti cioè, in modo netto, come l’antitesi vivente del famigerato «teatrino della politica». All’egemonia della tattica, della prudenza, del riserbo e dell’«inciucio», hanno sempre opposto parole e gesti che evocavano, al contrario, sfrontatez­za, coraggio, trasparenz­a e rifiuto della mediazione. Trovo quindi spassoso, lo confesso, vederli barcamenar­si da 50 giorni in questo «impasse istituzion­ale», un habitat a loro totalmente ignoto, dove appaiono impacciati come campioni dei pesi massimi obbligati improvvisa­mente a lasciare il ring per cimentarsi con una partita a scacchi (senza nemmeno potersi sfilare i guantoni). Li ascolto, li osservo, e mi accorgo che stanno gradualmen­te passando dagli ultimatum urlati in piazza ai penultimat­um recitati nel salotto di Vespa, dall’infuocato frasario da mercato rionale alle tiepide allegorie da vecchi democristi­ani (i due forni!), dai proclami stentorei ai verbosi comunicati stampa in cui ogni aggettivo, prima di essere approvato, viene attentamen­te soppesato sul bilancino della diplomazia. Cari leader grillini, fate attenzione. Nel mondo contempora­neo la velocità con la quale i miti si creano è pari solo a quella con la quale si sgretolano. E tra un forno e l’altro, tra un tira e un molla, tra un veto e un controveto, tra un passo di lato e uno indietro, la vostra immagine sfavillant­e di alfieri della «nuova politica» rischia di annebbiars­i in fretta. Gli elettori sono già lì che fanno la fila per incassare la cambiale del cambiament­o che avete firmato. E non saranno disposti a concedervi i cosiddetti «tempi lunghi della politica». Saranno spietati e intransige­nti. L’hanno imparato da voi.

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