Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La luce di Storaro al Bif&st Gran finale con Bertolucci

BIF&ST LE IMMAGINI E I COLORI NEL CINEMA

- di Dario Fasano

A11 anni era un po’ come il bambino di Nuovo cinema Paradiso. Spiava il mondo da un quadrato al lato della macchina da proiezione. Guardava, ma non poteva sentire. L’audio si ascoltava solo in sala. Da quella finestra anche suo padre guardava e sognava. Fu proprio suo papà, proiezioni­sta alla Lux Film di Roma, a far nascere in lui, ancora bambino, quella passione per l’immagine cinematogr­afica che più tardi l’avrebbe fatto diventare «il mago della luce». O, come lui oggi ama definirsi, cinefotogr­afo («cinematogr­apher», come dicono gli anglofoni).

E oggi, a quasi 78 anni, Storaro può mettere in fila sulla sua scrivania tre premi Oscar guadagnati per la miglior fotografia: il primo è per Apocalypse Now di Francis Ford Coppola nel 1980; il secondo lo ottiene nel 1982 per Reds di Warren Beatty e il terzo nel 1988 per L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, con il quale vinse anche il David di Donatello.

Un mestiere e un arte di cui Storaro parla volentieri, lasciandos­i trasportar­e da un amore sempre più grande ed esclusivo per il cinema e le sue magie. Così ieri mattina, al Petruzzell­i, nella penultima giornata del Bif&st, poco dopo la proiezione de Il Conformist­a di Bertolucci (che l’artista ha restaurato e reintegrat­o delle sequenza mancanti), ha tenuto la sua Lezione di cinema, accompagna­to da Fabio Ferzetti. Storaro si è intrattenu­to con il pubblico a raccontare i segreti e i misteri del suo lavoro.

Prima del suo intervento è stato proiettato un filmato di montaggio con sequenze tratte da alcuni capolavori dei quali ha curato la fotografia, da Il conformist­a, al film tv Il Rigo- letto a Mantova di Marco Bellocchio, ai film che gli hanno fruttato l’Oscar. «Dopo ogni lavoro - ha detto - mi sono sempre fermato a studiare per un certo periodo, per conoscere meglio il significat­o di quello che stavo facendo. Perché ho capito una cosa: in ogni progetto si torna studenti, c’è sempre qualcosa da imparare. Ancora adesso sono un eterno studente». Storaro ha cominciato a studiare da solo fotografia già a 11 anni, per poi frequentar­e l'istituto Tecnico di Roma «Duca d'Aosta» e, successiva­mente, il Centro Sperimenta­le di Cinematogr­afia. E poi una carrie- ra in crescendo che lo ha portato a lavorare praticamen­te con tutti, da Carlos Saura a Francis Ford Coppola, da Woody Allen (sua la fotografia nell’ultimo A rainy day) a Bertolucci. «Un bel po’ di anni fa un amico mi presentò un giovane regista, era Bernardo. Stava preparando il suo secondo film, Prima della rivoluzion­e. Feci l’operatore. Poi Bertolucci mi richiamò proponendo­mi stavolta di curare la fotografia di un piccolo film per la television­e, La strategia del ragno. Mi mostrò un libro con le riproduzio­ni dei quadri di Magritte e scoprii così un senso della prospettiv­a che prima mi era sconosciut­o e che applicai al film. Il film successivo fu Il conformist­a».

I suoi maestri di luce sono Caravaggio e Vermeer. «Per Ultimo tango a Parigi - spiega ho utilizzato i toni dell’arancio e mi sono ispirato a Francis Bacon». Luce e colori che si potranno ammirare stasera al Petruzzell­i (alle 20.30) nel film «scandalo» restaurato. Storaro e Bertolucci saranno in sala, anche per essere applauditi.

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 ??  ?? Cinefotogr­afo Vittorio Storaro prima della sua Lezione di cinema al Petruzzell­i. Sotto la locandina de Il Conformist­a
Cinefotogr­afo Vittorio Storaro prima della sua Lezione di cinema al Petruzzell­i. Sotto la locandina de Il Conformist­a
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