Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SE IL SUD SI RIDUCE A OTTO RIGHE
Poche tracce, nessuna strategia
Dopo numerose proteste, nel contratto di governo tra Lega e M5S è comparsa la parola Sud con ben otto (8!) righe di programma: «Con riferimento alle Regioni del Sud, si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio “Mezzogiorno”, nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l’obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud». Il senso è quindi questo: il Sud non ha bisogno di politiche speciali. Sarebbe divertente recuperare le miriadi di dichiarazioni degli esponenti del M5S sul Sud abbandonato a se stesso, ma è più interessante rimanere sul punto del contratto. È condivisibile l’idea che la politica emergenziale nei confronti del Mezzogiorno abbia dopato il mercato, favorendo l’impresa da commessa pubblica, dipendente dalle risorse governative. Ne è derivata da un lato la mancanza di uno sviluppo locale sano, integrato e condiviso con i territori e le comunità, che sulla responsabilità, sulla concorrenza e sul merito producesse coesione sociale. Dall’altro tutti i fenomeni negativi che conosciamo bene: il clientelismo, l’assistenzialismo, il familismo amorale, la cooptazione, l’illegalità diffusa, le mafie, l’assenza di mobilità sociale, il brain waste dei talenti formati.
Se il problema del Sud non è stato il flusso di risorse, almeno non solo, lo è stato sicuramente la classe dirigente che ha in testa questo schema, quella che Daron Acemoglu chiama classe dirigente estrattiva, cioè chi estrae dai territori anziché rischiare e innovare. Perciò trovo abbastanza surreale che la risposta del M5S a tutto ciò sia unicamente il reddito di cittadinanza, che può risolvere il problema della sussistenza di un pezzo della società meridionale, ma non consentire uno sviluppo armonico del Sud e di conseguenza un cambiamento delle sue classi dirigenti. L’assenza più grave nel contratto di governo è la totale assenza di una visione e di una strategia per il Sud, mentre due sono gli elementi essenziali per lo sviluppo del Mezzogiorno: il capitale umano e il capitale sociale.
Come dice Carlo Borgomeo, è necessario convincersi del fatto che il sociale venga prima dell’economico, perché l’economico funziona solo su una base sociale solida. D’altronde le esperienze migliori di questi anni, quelle del Sud “più avanzato”, le troviamo lì dove l’innovazione, quella economica e quella sociale hanno prodotto i risultati sperati. Nei nuovi hub di sviluppo digitale sparsi nel Mezzogiorno, in fortissima interconnessione con le Università, le imprese, le istituzioni e il territorio oppure nelle fulgide sperimentazioni della cooperazione e del Terzo settore. Gli ultimi due governi hanno prodotto una serie di politiche (le scelte sulla portualità, le Zes, il progetto Resto al Sud) che servivano a ricostruire le condizioni perché il capitale umano e il capitale sociale fossero i nuovi pilastri dello sviluppo meridionale. Un primo passo, importante ma non definitivo. Lo scatto successivo doveva essere quello di giudicare il Sud non in termini quantitativi e numerici, ma qualitativi, di relazioni sociali e di attivazione civica, di asili nido e progetti di comunità nelle periferie. A leggere il contratto di governo firmato alla prima forza nazionale, premiata da metà dell’elettorato al Sud, di tutto ciò non c’è traccia. Drammaticamente.