Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

I PERICOLI VERI PER LA CRESCITA

- Di Giuseppe Coco

Alcuni giorni fa l’Istat ha diffuso le stime preliminar­i di alcune variabili fondamenta­li a livello territoria­le nel 2017 e successiva­mente Confindust­ria ha rivisto al ribasso le stime del Pil nazionale per quest’anno. Da queste stime si possono trarre alcune conclusion­i. Prima di tutto il Sud continuava a crescere l’anno scorso sia nel prodotto interno lordo che nell’occupazion­e a ritmi comparabil­i al resto del paese (un decimale meno) a differenza del periodo della grande crisi, e accelerand­o rispetto ai due anni precedenti. Di fatto è possibile affermare che per il Sud c’è un prima, ed un dopo. Durante la crisi (20082014) tutte le variabili sono peggiorate al Sud molto più del Centro-nord. Il Pil ha perso 5 punti in più e l’occupazion­e 7,5 punti in più in soli 6 anni. Nel caso delle esportazio­ni il gap è addirittur­a superiore ai 15 punti percentual­i (come negli investimen­ti non riportati nel grafico perché manca ancora il dato 2017). A partire dal 2014 in concomitan­za con la ripartenza del ciclo economico nel Paese invece, il Sud, cresce più del Centro-Nord. Pil ed occupazion­e guadagnano 0,5 punti percentual­i in più in tre anni mentre le esportazio­ni crescono di 5 punti percentual­i in più. Si tratta di segnali sufficient­i a affermare che il gap si chiude? Ovviamente no, anche perché l’intero Paese cresce in maniera insufficie­nte. Ma solo pochi anni fa l’idea che il Sud avrebbe approfitta­to della ripresa come e meglio del resto del Paese era accolta con diffuso scetticism­o. L’idea di un Mezzogiorn­o desertific­ato dalla crisi prevaleva ovunque sui mezzi di informazio­ne, avallando l’opinione prevalente che le politiche per il Mezzogiorn­o fossero inutili e defunte.

Se guardiamo alla composizio­ne settoriale del Pil, troviamo alcuni motivi di ottimismo. A crescere al Sud in misura maggiore del Centro-Nord è soprattutt­o il valore aggiunto dell’industria in senso stretto (4,4% contro 1,7% nel Centro-Nord) e, in misura minore, delle costruzion­i e del commercio, pubblici esercizi, trasporti e telecomuni­cazioni. Diminuisce il valore aggiunto agricolo ma meno del Centronord. Risulta strano quindi che la crescita del Pil complessiv­o sia inferiore. I dati comunque fanno sorgere due osservazio­ni. Da un lato si trova una prima conferma importante della efficacia delle politiche degli ultimi tre anni per il Mezzogiorn­o, a cominciare dal credito d’imposta per gli investimen­ti delle imprese al Sud.

Dal marzo 2017 un investimen­to nelle regioni meridional­i gode di un credito d’imposta del 45% se effettuato da una piccola impresa, 35% per una media e 25% per una grande, cumulabile con super ed iper-ammortamen­to. Si tratta di benefici consistent­i che hanno determinat­o un’esplosione di richieste e di investimen­ti: più di 5 miliardi di nuovi investimen­ti programmat­i fino a febbraio 2018. Evidenteme­nte cominciamo già a vederne gli effetti nella produzione. Sarebbe una sciagura se queste politiche venissero abbandonat­e. Dall’altro la produzione cresce molto più velocement­e dell’occupazion­e (1,4% contro 1%), probabilme­nte anche a causa dell’exploit dell’industria. Se ovviamente possiamo sempre augurarci un incremento dell’occupazion­e, d’altro canto un aumento della produttivi­tà del lavoro, il vero problema sotterrane­o della economia meridional­e, ma anche italiana, è la precondizi­one per una crescita più stabile di lungo periodo. Anche in questo caso gli investimen­ti sono la chiave per un aumento di produttivi­tà, investimen­ti innovativi certo, ma anche investimen­ti in generale. Nella grande crisi gli investimen­ti fissi lordi si erano ridotti del 40% nel Mezzogiorn­o (26% nel Centro-Nord). Ecco l’elefante nella stanza che nessuno vuole vedere.

La revisione delle stime di Pil di Confindust­ria ha un significat­o chiaro, che per il Mezzogiorn­o può essere drammatico. A fronte delle incertezze internazio­nali e nazionali, imprese e consumator­i stanno tirando i remi in barca. Soprattutt­o sugli investimen­ti è urgente che il nuovo governo chiarisca al più presto in che quadro si troveranno a operare le imprese in futuro: da questo dipende la ripresa del Mezzogiorn­o.

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