Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Di Maio rassicura Arcelor Ilva, l’accordo è più vicino
L’acciaieria Il ministro: «Il bando? Un pastrocchio di Renzi»
Prima un pasticcio, ora «un pastrocchio». Il ministro per il Lavoro e lo Sviluppo economico, Luigi Di Maio, assolve Arcelor Mittal, usando toni concilianti e densi di buone prospettive. E getta la croce addosso al governo Renzi che ha scritto il bando per la vendita dell’Ilva di Taranto, sostenendo che «il vero grande tema è che la gara è stata fatta male dai miei predecessori». Intanto gli acquirenti stanno provando a riscrivere il piano occupazionale in vista di un possibile tavolo da convocare lunedì proprio nella sede del ministero.
Prima un «pasticcio», ora un «pastrocchio». Il ministro Luigi Di Maio assolve Arcelor Mittal, usando toni concilianti e densi di buone prospettive, e getta la croce addosso al governo Renzi che ha scritto il bando per la vendita di Ilva. Sulla gestione della gara il vice premier, in coda al tavolo rider, ieri ha detto che
«il vero pastrocchio l’ha fatto la parte pubblica non Arcelor Mittal. Il vero grande tema è che la gara è stata fatta male dai miei predecessori, non è stata interpretata male dal privato, il classico esempio in cui si creano incertezze sul mercato perché si scrivono male le gare e ne risente un privato». In altre parole, se il futuro dell’Ilva è ancora indefinito, la responsabilità ricade sui due governi precedenti che tacciono di fronte a queste accuse. Su Renzi, che ha preparato il bando «pastrocchio» emanato il 5 gennaio 2016, e su Gentiloni che ha gestito la gara assegnando gli asset industriali ad Am Investco Italy il 5 giugno 2017. Sempre ieri Di Maio ha avuto parole di comprensione per la multinazionale franco-indiana. «I rappresentanti di Arcelor Mittal fanno il loro lavoro che è quello di voler entrare in Ilva – ha detto - ma non posso affidare uno stabilimento di questa importanza ambientale e occupazionale a un’azienda senza avere certezze che è tutto in regola». Intanto, è possibile che lunedì 30 si alzi il sipario proprio sugli aspetti legati all’impatto ambientale della produzione e al riassorbimento dei lavoratori, rimasti finora avvolti nella riservatezza più assoluta, sui quali il ministro ha chiesto sostanziose aperture. Luigi Di Maio ha difatti annunciato: «Credo che lunedì Arcelor Mittal avrà la possibilità di presentare a tutte le parti interessate il suo piano». E ha aggiunto che «lavoriamo su due fronti, con Arcelor Mittal e allo stesso tempo anche all’evenienza di ritiro in autotutela della gara qualora la legge mi dirà di farlo».
La stessa Arcelor, stando all’ultimo comunicato nel quale parla di partecipazione in buona fede alla gara, sembra prepararsi a un ricorso epocale nel caso in cui scattanto tasse l’annullamento. E ammette, indirettamente, di essere rimasta vittima di eventuali irregolarità e non responsabile. Lunedì, se la multinazionale avrà apportato i miglioramenti occupazionali e ambientali graditi al governo, si sbloccherà lo stallo in cui è caduta la vicenda Ilva. Sempre che il 22 agosto, allo scadere dei trenta giorni della procedura di accertamento sulla regolarità della gara, la legge non obblighi il ministro ad annullarla. Un nuovo allungamento dei tempi rischierebbe, in ogni caso, di deprimere produttivamente la fabbrica così che l’eventuale chiusura costerebbe miliardi. I crediti da ristorare ammontano a circa 2,5 miliardi, poi ci sono i 900 milioni ricevuti dal governo precedente, che si trasformerebbero in aiuti di stato, ai quali aggiungere ulteriori finanziamenti per gli ammortizzatori sociali. Arcelor è chiamata a uno sforzo maggiore per migliorare la tutela ambientale, non solo anticipando al 2020 i tempi di realizzazione delle misure, ma introducendo anche tecnologie innovative e poco impattanti. Fino a questo momento li ha tenuti segreti per paura della concorrenza e li rivelerà quando illustrerà i contenuti dell’addendum. Ma sulla riassunzione in servizio della platea lavorativa è ancora lontana dagli obiettivi del ministro e dei sindacati che vogliono esuberi zero. Dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. «La base di partenza sono gli attuali 10.700 lavoratori in servizio, in cassa integrazione ruotano sulle tremila persone nei vari siti Ilva. Noi chiediamo che tutti i 10.700 transitino in Arcelor e che i restanti stiano in amministrazione straordinaria costituendo un bacino da cui attingere. Quando il piano industriale sarà attuato completamente e gli impianti saranno a regime non devono rimanere lavoratori senza collocazione. Se non si scioglie questo nodo non ci sarà accordo». Anche Valerio D’Alò, segretario territoriale di FimCisl, conferma che «a tutti i lavoratori deve essere data la garanzia occupazionale e se all’attuazione del piano industriale ci sono ancora lavoratori in amministrazione straordinaria deve essere dato loro la garanzia di un’occupazione».
Il bando
Il ministro accusa i due ultimi esecutivi «La gara è stata fatta male»