Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Andrioli e Nigro gioco di suoni ad alta intensità
Finisce in un sussurro il nuovo album di Rachele Andrioli e Rocco Nigro, Maletiempu (etichetta Dodicilune-Fonosfere). Siamo all’altro estremo di una dinamica sonora che arriva fino all’urlo, caratterizzata dal timbro fortemente assertivo proprio della Andrioli.
Finisce in un sussurro, il nuovo album di Rachele Andrioli e Rocco Nigro, Maletiempu (etichetta DodiciluneFonosfere): «E tutto il mio folle amore/ lo soffia il cielo/ lo soffia il cielo/ così». Sono gli ultimi versi di Cosa sono le nuvole, musica di Domenico Modugno e parole di Pier Paolo Pasolini, anno del signore 1968. Quel «così» finale sfugge a malapena da labbra ormai quasi chiuse, appena percepibile all’orecchio. Siamo all’altro estremo di una dinamica sonora che arriva fino all’urlo. Infatti, ciò che colpisce subito del disco è il timbro fortemente assertivo e la grande potenza di Rachele Andrioli; poi, sul filo degli ascolti, emergono tutte le sfumature che il grande controllo del suo strumento le consente di dare al canto, così come le finezze che arricchiscono la tessitura strumentale di Rocco Nigro alla fisarmonica. Sono cresciuti, i due partner, sul filo dei dischi e dei concerti accumulati finora, e questa è la loro prova più matura e convincente. Dodici i brani proposti, in piccola parte originali ma scritti utilizzando la «lingua» della musica popolare; più spesso presi dalla tradizione, ma totalmente rivisitati e rielaborati con grande personalità. Accade con l’appulo-lucana Nunna nunna, la bellissima Tanti suspiri, che viene dalla Corsica (nella quale alla voce di Andrioli si aggiunge quella dell’ospite Massimiliano De Marco), l’anonimo campano del ’500 Janni dell’uorto o la bella e antica Tarantella del Gargano. Sono tutte tradotte in dialetto salentino, a sottolineare la totale appropriazione del «testo» musicale. Operazione magari spregiudicata agli occhi dei puristi, ma che raggiunge esiti di grande bellezza. Sola eccezione, il canto siciliano Lu cunigghiu che resta in siciliano; e qui l’interpretazione di Rachele Andrioli è doppiamente superlativa, per come «teatralizza» la canzone (come fa anche nell’iniziale Maletiempu, brano originale scritto in dialetto) e per come tiene dietro al ritmo della fisarmonica che accelera sempre più, trasformando le parole in un vorticoso scioglilingua. Gli ospiti sono pochi e usati con parsimonia. Perché il fulcro del disco, e la sua bellezza, sta nella tensione e nella forza del duo. E nel magnifico suono che il tecnico-musicista Valerio Daniele crea per e insieme a loro.