Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Andrioli e Nigro gioco di suoni ad alta intensità

- Di Fabrizio Versienti

Finisce in un sussurro il nuovo album di Rachele Andrioli e Rocco Nigro, Maletiempu (etichetta Dodicilune-Fonosfere). Siamo all’altro estremo di una dinamica sonora che arriva fino all’urlo, caratteriz­zata dal timbro fortemente assertivo proprio della Andrioli.

Finisce in un sussurro, il nuovo album di Rachele Andrioli e Rocco Nigro, Maletiempu (etichetta Dodicilune­Fonosfere): «E tutto il mio folle amore/ lo soffia il cielo/ lo soffia il cielo/ così». Sono gli ultimi versi di Cosa sono le nuvole, musica di Domenico Modugno e parole di Pier Paolo Pasolini, anno del signore 1968. Quel «così» finale sfugge a malapena da labbra ormai quasi chiuse, appena percepibil­e all’orecchio. Siamo all’altro estremo di una dinamica sonora che arriva fino all’urlo. Infatti, ciò che colpisce subito del disco è il timbro fortemente assertivo e la grande potenza di Rachele Andrioli; poi, sul filo degli ascolti, emergono tutte le sfumature che il grande controllo del suo strumento le consente di dare al canto, così come le finezze che arricchisc­ono la tessitura strumental­e di Rocco Nigro alla fisarmonic­a. Sono cresciuti, i due partner, sul filo dei dischi e dei concerti accumulati finora, e questa è la loro prova più matura e convincent­e. Dodici i brani proposti, in piccola parte originali ma scritti utilizzand­o la «lingua» della musica popolare; più spesso presi dalla tradizione, ma totalmente rivisitati e rielaborat­i con grande personalit­à. Accade con l’appulo-lucana Nunna nunna, la bellissima Tanti suspiri, che viene dalla Corsica (nella quale alla voce di Andrioli si aggiunge quella dell’ospite Massimilia­no De Marco), l’anonimo campano del ’500 Janni dell’uorto o la bella e antica Tarantella del Gargano. Sono tutte tradotte in dialetto salentino, a sottolinea­re la totale appropriaz­ione del «testo» musicale. Operazione magari spregiudic­ata agli occhi dei puristi, ma che raggiunge esiti di grande bellezza. Sola eccezione, il canto siciliano Lu cunigghiu che resta in siciliano; e qui l’interpreta­zione di Rachele Andrioli è doppiament­e superlativ­a, per come «teatralizz­a» la canzone (come fa anche nell’iniziale Maletiempu, brano originale scritto in dialetto) e per come tiene dietro al ritmo della fisarmonic­a che accelera sempre più, trasforman­do le parole in un vorticoso scioglilin­gua. Gli ospiti sono pochi e usati con parsimonia. Perché il fulcro del disco, e la sua bellezza, sta nella tensione e nella forza del duo. E nel magnifico suono che il tecnico-musicista Valerio Daniele crea per e insieme a loro.

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