Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Daniele Di Maglie e le canzoni necessarie
Sembra facile, scrivere canzoni. Ma ci vuole una vita di passione e di talento per arrivare a un risultato come La mia parte peggiore, il nuovo album del cantautore Daniele Di Maglie, tarantino (anzi, «nato ai piedi di un altoforno») ma ormai barese d’adozione. L’etichetta è la molfettese Digressione Music, per la quale era già uscito qualche anno fa Il mio garage; ma che differenza tra quel disco e questo in termini di autorevolezza, calore, forza espressiva. Di Maglie, che oltre alle canzoni scrive anche libri e fa l’educatore in un centro per diversamente abili, sembra qui aver trovato il punto d’equilibrio tra la forza delle parole e l’intensità della voce, per cui i suoi versi, oltre che una melodia che li sorregge, hanno anche una musica propria, interiore, che li porta. La mia parte peggiore è, secondo l’autore, un disco di formazione; una presa d’atto di quanto la diserzione o la presa di distanza dalle cose possa servire per guardarle meglio. L’album porta infatti in esergo una citazione dall’Elogio della fuga di Henri Laborit, e allinea undici canzoni originali che parlano d’amore e disamore, conflitti, riconciliazioni e armistizi come in Chiedimi perdono («Tanto è l’amore già che ci dividerà») o in Ti renderò felice («Amore, ti renderò la pace, domani me ne vado via, e non ci vediamo più»). Aprite il fuoco l’episodio più ricco, con i suoi sei minuti abbondanti di affabulazione piazzati a metà scaletta: «Vennero un prete e quattro assassini, dodici madri e i loro bambini/ Ladri, poeti, indovini, un poliziotto, sette aguzzini/ Mani sporche d’inchiostro e matti e nani da circo/ Mi circondarono e dissero in cerchio/ Aprite il fuoco». Nel disco c’è rabbia («Come fanno le rose a sfiorire?») e tenerezza («Dove sei dove sei dove sei, io ti cerco stanotte»); ricordi (Violini di Chagall) e speranze (Il ragazzo di Sirte). A volte affiorano echi e assonanze che rimandano a Dylan, De Gregori, Testa, ma sono attimi. Qui c’è soprattutto Di Maglie. C’è voluto del tempo, dal primo album Non so più che cosa scrivo (2001), per arrivare a questo punto: oggi tutto appare al suo posto in queste canzoni da ascoltare e riascoltare, confezionate con il prezioso contributo di Cristò e Giovanni Chiapparino e pochi altri collaboratori.