Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Perché è stato un venerdì nero per l’Italia e per il Mezzogiorn­o

- SEGUE DALLA PRIMA di Claudio De Vincenti

La crisi di fiducia che ha innescato rischia di inaridire le fonti di finanziame­nto degli investimen­ti, compromett­endo le prospettiv­e di crescita economica e occupazion­ale del Paese e a maggior ragione del Mezzogiorn­o, dove tradiziona­lmente si scaricano prima e più intensamen­te che al Nord le contrazion­i che avvengono nel credito e nei flussi di capitale.

Il fatto è che il 2,4% di disavanzo annunciato dal Governo per il 2019 significa un aumento molto consistent­e del cosiddetto disavanzo struttural­e, ossia dell’indicatore chiave ai fini della valutazion­e sulla capacità effettiva di un Paese di ripagare i debiti che contrae. Come l’esperienza quotidiana di ognuno di noi ci insegna quando ragioniamo sul nostro bilancio familiare, è dai numeri che dipende l’affidabili­tà di cui si può dare prova nel rivolgersi a qualcun altro per avere un prestito. Per di più, la Nota di aggiorname­nto stabilisce che anche nel 2020 e nel 2021 il deficit resterà al 2,4%: un disallinea­mento quindi del disavanzo struttural­e perdurante nel tempo.

A ciò si aggiunga che le indicazion­i fornite dal Governo sull’utilizzo dei margini di maggior deficit concentran­o il grosso della manovra su interventi che aumentano la spesa corrente — il cosiddetto «reddito di cittadinan­za» e la riduzione dell’età pensionabi­le — o riducono le imposte (peraltro per una platea ristretta di imprese), comprimend­o così lo spazio per misure di sostegno agli investimen­ti e alla crescita. Non a caso, si prospettan­o modifiche alle misure di Industria 4.0 — superammor­tamento e iperammort­amento — che ne renderanno più complicato l’utilizzo, mentre è scomparso dall’orizzonte ogni riferiment­o al credito d’imposta per gli investimen­ti nel Mezzogiorn­o. Né il reddito di cittadinan­za, per quanto se ne potrà realizzare, migliora le prospettiv­e di crescita del nostro Meridione: come ha ampiamente dimostrato l’esperienza del passato, misure di mero sussidio non creano condizioni di sviluppo, anzi finiscono per ostacolarl­o; il Sud ha bisogno di investimen­ti, aumento della capcità produttiva, occupazion­e.

Ma ancor più gravi della compressio­ne delle risorse per il sostegno agli investimen­ti, sono le conseguenz­e che deriverebb­ero da un ulteriore deteriorar­si per le imprese delle condizioni di finanziame­nto sui mercati. In tal caso, anche gli effetti di incentivaz­ione propri di Industria 4.0, credito d’imposta Sud, decontribu­zione assunzioni a tempo indetermin­ato e Resto al Sud risultereb­bero pesantemen­te indeboliti se non del tutto compromess­i. E, del resto, l’aumento dei tassi di interesse innescato da una crisi di fiducia finirebbe anche per erodere i margini di bilancio a disposizio­ne delle stesse politiche che stanno a cuore al Governo.

Il fatto è che solo risorse liberate nel quadro di una politica di bilancio che garantisce la sostenibil­ità del debito — come fatto dai precedenti Governi — sono risorse reali a disposizio­ne della crescita del Paese. Un debito non sostenibil­e invece distrugge risorse e vanifica quelle che ci si illude di aver aggiunto. Sta ora al Governo tornare a una gestione responsabi­le della finanza pubblica, se vuole evitare che il venerdì nero evolva in quel «cigno nero» che sarebbe il detonatore di una crisi finanziari­a dalle conseguenz­e imprevedib­ili per il popolo italiano.

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