Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Trentenni in fuga dall’acciaieria
All’Ilva arrivate già mille richieste di esodo, soprattutto dai dipendenti più giovani
Sono circa un migliaio le richieste già pervenute, in dieci giorni, per ottenere l’esodo incentivato (77 mila euro netti) dall’Ilva transitata da poco più di un mese nelle mani di Arcelor Mittal. Fra le domande, se ne registrano a centinaia - il 25% almeno - di dipendenti fra i 30 e i 45 anni. «Non mi stupisce dice Rocco Palombella, segretario nazionale della Uilm - a trent’anni si hanno ancora l’età e le occasioni per cambiare».
Gli esodi incentivati all’Ilva BARI lusingano i lavoratori giovani e quelli prossimi al pensionamento. Sono le due categorie maggiormente interessate ad accettare il sostegno economico di centomila euro lordi, pari a 77 mila netti, che la nuova proprietà offre per lasciare la vecchia azienda. Purché l’operazione si perfezioni entro il 31 gennaio 2019. Poi l’incentivo decresce. E si profila anche una terza tipologia: coloro i quali rifiutano il passaggio dall’Ilva alla multinazionale francoindiana preferendo stazionare nell’amministrazione straordinaria e garantendosi così la cassa integrazione fino al 2023. Salvo proroghe sempre possibili. Finora un migliaio di dipendenti si sono fatti avanti per uscire dall’azienda. Ognuno di questi tre sottogruppi ha le proprie ragioni per la scelta che si accinge a fare. Dalle prime indicazioni, suscettibili di cambiare nelle prossime settimane, c’è un buon 25% di persone tra i 35 e i 45 anni ai quali l’idea di incassare l’incentivo e abbandonare cokerie e altiforni piace molto. Le motivazioni? C’è chi ha detto che vuole salvaguardare la salute, cambiare aria e vita, trasferirsi in un’altra città e tentare la sorte con un nuovo lavoro. Poi ci sono quelli che con quel gruzzolo vogliono sistemarsi diversamente, magari provare ad avviare un’attività imprenditoriale o commerciale e non manca il lavoratore dall’esistenza precaria che con quei soldi vuole cancellare i debiti per ridare fiato e speranze alla propria famiglia. Meno complicata e quasi obbligata la scelta della maggior parte dei lavoratori che approfitta dello scivolo per andarsene in pensione due, tre o quattro anni prima. E poi, ed è quasi una sorpresa, non è esiguo il numero di quanti stanno decidendo di non iscriversi al libro paga di Mittal e rimanere sotto l’ombrello protettivo dello Stato garantito dall’amministrazione straordinaria con la cassa integrazione. L’eventuale perdita di reddito sarebbe compensata, per molti, dalla possibilità di aprirsi a un secondo lavoro. Regime, questo, mai trascurato e piuttosto diffuso anche in tempi normali. L’amministrazione straordinaria di Ilva durerà fino al 2023, quindi si tratta di cinque anni di cassa integrazione garantita, ma potrebbe essere prorogata al 2025 se a questa scadenza ci saranno ancora lavoratori dipendenti di Ilva senza una collocazione lavorativa. In questo caso Mittal proporrà l’assunzione anche da parte delle affiliate.
La prima settimana di incontri tra la nuova proprietà e i sindacati, intanto, ha cominciato a delineare il quadro entro cui si muoveranno le parti in causa. I numeri certi sono quelli dell’accordo siglato il 6 settembre. I dipendenti Ilva, a Taranto, ora sono 10.826, i dipendenti Mittal saranno 8.200, gli esuberi 2.586. Reparto per reparto sono state fatte ipotesi di eccedenze che potrebbero essere corrette nel prosieguo della trattativa, ma i numeri sono soggetti a variazioni.
Ieri mattina, intanto, la fuoriuscita di monossido di carbonio da una tubazione collegata all’altoforno 1 (Afo1), sul quale sono in corso interventi programmati, ha indotto i responsabili aziendali a mettere in sicurezza gli operai impegnati in quell’area secondo una procedura standard che scatta quando i rilevatori segnalano il superamento della soglia limite. Sono poi intervenuti i vigili del fuoco in servizio nello stabilimento mentre i tecnici hanno identificato l’origine della fuga del gas. Dopo un paio d’ore, cessata la fase di emergenza, i lavoratori sono rientrati ai propri posti.
Le condizioni
Chi va via entro il prossimo 31 gennaio porta a casa una cifra netta di 77 mila euro