Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

TROPPA DEMAGOGIA SUL CASO XYLELLA IL MERIDIONE HA DIRITTO ALLA VERITÀ

- di Claudio De Vincenti

Fa male, percorrend­o oggi le strade del Salento, osservare il doloroso spettacolo di tanti, tantissimi ulivi che vanno disseccand­osi a causa della Xylella: un paesaggio ferito, che rischia di restare deturpato per anni. E la domanda viene spontanea alla mente: come è stato mai possibile che in cinque anni si sia passati dal primo focolaio nell’area di Gallipoli a una infezione che sta travolgend­o gli uliveti di tutto il Salento fino a raggiunger­e ormai persino Fasano e Monopoli con i loro ulivi monumental­i?

Eppure c’erano tutte le condizioni per impedire un disastro di questa portata. Dall’autunno 2013 erano state avviate dalle autorità nazionali ed europee analisi e controlli, individuan­do i provvedime­nti di urgenza che, sulla base dei protocolli fitosanita­ri di consenso scientific­o, avrebbero bloccato la trasmissio­ne della malattia: misure di contrasto alla diffusione degli insetti vettori del batterio e istituzion­e, a ridosso delle aree ancora indenni, di una fascia di protezione in cui operare un monitoragg­io continuo accompagna­to dall’abbattimen­to delle piante infette e di quelle ad esse prossime.

Il 10 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri deliberava lo stato di emergenza e nominava Commissari­o il Comandante regionale del Corpo forestale, con il compito di mettere in atto gli interventi necessari a bloccare la diffusione della Xylella. Stanziava inoltre le risorse per garantire agli agricoltor­i, per ogni pianta abbattuta, un adeguato indennizzo economico e misure per la ripresa produttiva successiva.

Ma a questo punto cominciava una brutta storia, fatta di interessi particolar­i e di pregiudizi alimentati ad arte nei confronti di un preteso «genocidio di massa» degli ulivi: ricorsi al Tar e sospensive che hanno pesantemen­te ostacolato l’abbattimen­to delle piante malate, fino al rinvio pregiudizi­ale del Tar Lazio alla Corte di Giustizia Europea sulla validità delle misure di contrasto alla Xylella. Il culmine è stato raggiunto con il sequestro preventivo da parte della Procura di Lecce degli alberi che dovevano essere abbattuti e l’indagine a carico del Commissari­o e dei suoi collaborat­ori per interventi dannosi all’ambiente.

L’iniziativa della Procura veniva salutata come una «liberazion­e» da una parte degli esponenti politici locali e il Governator­e della Regione aggiungeva di «considerar­e chiusa la fase della cosiddetta emergenza». Il Commissari­o si dimetteva e nel febbraio 2016 lo stato di emergenza non veniva rinnovato, ritornando così in capo alla Regione i compiti di attuazione delle misure di contrasto della malattia.

Intanto, il 9 giugno 2016 la Corte di Giustizia confermava le misure di contrasto all’espansione della Xylella disposte dall’Unione, a cominciare dalla rimozione immediata delle piante infette. Ma le successive verifiche da parte della Commission­e Europea constatava­no, al di là dell’impegno nel monitoragg­io, l’inerzia della Regione Puglia nell’adottare misure concrete per bloccare l’infezione.

Il risultato di questa storia fatta di demagogia e pregiudizi è purtroppo di fronte ai nostri occhi: la piaga si è allargata enormement­e ferendo il paesaggio del Salento e danneggian­do pesantemen­te la sua agricoltur­a.

Oggi la Giunta regionale sta cercando finalmente di correre ai ripari: mercoledì scorso ha deliberato che, in caso di inerzia del proprietar­io, le operazioni di trattament­o fitosanita­rio e di estirpazio­ne siano eseguite direttamen­te da una agenzia regionale e ha disposto azioni di monitoragg­io rafforzato sugli ulivi monumental­i di Monopoli, Ostuni e Fasano per i quali intende anche presentare istanza a Bruxelles per un supporto finanziari­o. C’è da augurarsi che la Regione abbia chiaro che, affinché la Commission­e risponda positivame­nte alla richiesta, è ormai ineludibil­e dimostrare con i fatti la reale volontà di arginare la malattia.

C’è una morale in questa storia e riguarda i compiti della politica: assecondar­e pulsioni irrazional­i di parte (e spesso interessat­amente irrazional­i) significa compromett­ere il bene comune dell’insieme dei cittadini, con danni che non risparmian­o nessuno, neanche la parte originaria­mente interessat­a; il compito della politica non è mettersi alla coda delle spinte che vengono da cieche istanze di parte ma è quello di fornire soluzioni che sappiano ridare la vista a tutti, ricomprend­endo gli interessi particolar­i nell’interesse superiore della comunità.

È questione che non riguarda solo il Salento o la Puglia ma l’intero Paese, ed è questione decisiva soprattutt­o per il Sud e il suo riscatto: il Mezzogiorn­o non ha bisogno di demagogia, piuttosto ha diritto alla verità.

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