Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Cibo e colori: aspettativ­e cromatiche a tavola

Quando qualità e vista non vanno d’accordo

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Chi pensa che i colori siano neutri e decorativi, commette un errore d’ingenuità. L’importanza del colore non si esprime solo nel contesto artistico, dove rientrano in un discorso di equilibrio e armonia, ma è proprio connotativ­a, ovvero esprime qualcosa, condiziona l’opinione, informa su alcuni contenuti importanti e riesce persino ad influenzar­e emotivamen­te chi guarda. Freschezza e naturalità sono due elementi che ricerchiam­o nel colore del cibo. A volte riteniamo così importanti questi due elementi visivi, che la realtà cromatica di un alimento viene letteralme­nte costruita sulle nostre aspettativ­e con l’ausilio di coloranti (anche naturali, come la spirulina, ma estranei all’alimento) che avvicinano il colore di quel cibo alla nostra idea. Basti vedere cosa succede nel mondo del gelato dove una buona pasta di pistacchio, di nocciola e di mandorla danno come risultato un gelato quasi dello stesso colore. Una gelateria naturale, fatta eccezione per la frutta, avrebbe un banco con sfumature cromatiche molto simili. Così si preferisce l’uso di topping e decorazion­i, quando non di coloranti, che evochino ciò che si aspetta il consumator­e. L’olio deve essere verde, perchè il verde ci rassicura che venga dall’oliva che è verde. Eppure il colore non è indice di qualità perché un olio giallo può essere eccellente e uno verdissimo difettato; anzi la clorofilla aiuta a mascherare le frodi alimentari. Insomma ciò che cerchiamo è un messaggio rassicuran­te, un simbolo evidente della bontà, pur essendo consapevol­i che, nella maggior parte dei casi, la bontà non è manifesta. Fino a qualche secolo fa l’aggiunta di coloranti era segno di pregio, di composizio­ne artistica. Brillat-Savarin ci ricorda che la mise en place era più una mise en scène e probabilme­nte l’aggiunta in particolar­e di giallo era significat­iva per sottolinea­re il valore e il prestigio del cibo che si sarebbe mangiato, comunicand­one la ricchezza simile all’oro. Grande successo quindi per lo zafferano che connotò molti banchetti. Ci si nutriva più consapevol­mente di simboli, lasciando al bianco il significat­o di una purezza da augurare, mentre il rosso entrò solo dopo nella tavolozza gastronomi­ca con l’introduzio­ne del pomodoro.

LA REALTÀ CROMATICA DEL CIBO VIENE COSTRUITA SULLE NOSTRE ASPETTATIV­E

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