Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’AUTONOMIA A GIORNI ALTERNI
La Regione Puglia, per bocca del suo presidente Michele Emiliano, ha fatto sapere che non intende impugnare davanti alla Corte costituzionale il cosiddetto decreto sicurezza. È la legge, voluta dal ministro Salvini, che tra le altre cose nega ai migranti non regolarizzati di restare iscritti all’anagrafe per più di sei mesi. Altre Regioni di centrosinistra (Piemonte, Toscana, Emilia, Umbria) hanno deciso diversamente. Puntano a sbarrare la strada alla legge Salvini denunciando una lesione all’autonomia regionale nelle materie della sanità, del welfare, della formazione professionale. Servizi cui gli iscritti all’anagrafe hanno diritto (anche i migranti soggiornanti) e che sono gestiti dalle Regioni, in quanto materie concorrenti. Che dipendono cioè sia dallo Stato (per i principi) sia dalle Regioni (per la gestione). La Puglia, in anni passati, si è dotata di una legge per stabilire i servizi da rendere ai migranti, mai annullata dalla Corte. La questione, va detto, è complicata e pure controversa dal punto di vista giuridico. Emiliano ha sempre sostenuto di avere, sull’immigrazione, un punto di vista opposto a quello di Salvini, più vicino a quello della Chiesa: infatti dialoga fittamente con i vescovi della Cei. Nei giorni scorsi ne ha pure discusso con il suo omologo piemontese Sergio Chiamparino. Emiliano ritiene, per l’appunto, che la materia sia controversa. E teme che la Corte costituzionale possa respingere il ricorso delle Regioni, dando così “copertura politica” ai molti che simpatizzano con le posizioni salviane. Quel che meraviglia è il fatto che Emiliano, fin qui e per altre ragioni, si è dichiarato strenuo sostenitore di una maggiore e più spiccata autonomia della Regione Puglia. Alcuni esempi. Ha annunciato, pur nello scetticismo di molti, di volere chiedere al governo la gestione in proprio delle materie concorrenti (come hanno fatto Lombardia, Veneto ed Emilia). Ha difeso, appunto fino alla Corte costituzionale, la legge pugliese sulla partecipazione che disponeva forme di valutazione popolare sulle opere pubbliche nazionali (si può fare, ha detto la Corte, ma solo con procedure di legge nazionali). Ha invocato la possibilità di ingerire in materie, come Tap e Ilva, sulle quali ripetutamente le corti di giustizia hanno escluso l’intervento regionale. Si intuisce che Emiliano pensi ad una Puglia con più poteri e più importanti di quelli oggi. Si ferma, però, se si tratta di difendere sanità e welfare. Forse è tattica, forse no, forse Emiliano si è sentito scavalcato dai suoi omologhi più rapidi nell’impugnare la legge Salvini. Vista la delicatezza del caso sarebbe il caso che spiegasse.