Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’altro Sud di Veneziani e la «Nostalgia degli dei»

Marcello Veneziani parla del rapporto con la sua terra e dell’ultimo libro, «Nostalgia degli dei»

- di Alessandra Benvenuto

Hanno già scritto, di questo libro, che porta in grembo tutti quelli del suo autore. E se ne chiediamo a Marcello Veneziani, lui risponde che non è certo un caso che abbia visto la luce, proprio ora, la sintesi di un pensiero composto in quattro decenni, che invita a intrattene­rsi sull’essenziale, abbandonan­dosi alla poesia, narrando dei dieci “dei” che animano il cammino.

Qual è il sentimento che la riconduce in Puglia?

«E’ la nostalgia delle origini, dell’infanzia, della famiglia, della nostra luce e della nostra cucina. Anche Primo Levi scandiva la nostalgia in tre verbi-chiave: “tornare, mangiare, raccontare”».

E cosa ritrova, dopo quarant’anni?

«La Puglia che ritrovo è bella e svuotata. Resiste nonostante le classi dirigenti, le amministra­zioni pubbliche, i potentati locali, il degrado serpeggian­te. Ma come il resto del sud si svuota. Il vero divorzio nelle famiglie meridional­i è tra genitori e figli, che partono, e raramente tornano».

Il suo è un libro ottimista e ambizioso. Suggerisce l’amore per la luce e percorsi per un nuovo inizio.

«Non amo l’ottimismo e diffido dell’ambizione, ma certo Nostalgia degli dei è un atto di fiducia nel futuro, apre orizzonti ed evoca l’anima che non è solo la cosa più intima e vera che ci rende quel che siamo, ma è anche il filo d’Arianna che ci collega all’anima del mondo. Perché l’anima non è dentro il nostro petto, ma noi siamo dentro l’anima».

Stringe un patto d’acciaio con certa della psicoanali­si

«Freud ci ha descritto le caverne del subconscio, a me piacerebbe narrare i cieli degli dei che possiamo guardare solo se guardiamo la realtà con altri occhi. La visione di Jung e di Hillman degli archetipi è molto più compatibil­e con questa concezione».

Lamenta l’assenza di idee e ideali. Come Baricco, ne attribuisc­e responsabi­lità all’élite?

«Quando le élite diventa- no sette, oligarchie, caste, cessano la loro funzione di riferiment­o, non sono più classe dirigente ma classe dominante, sovrastant­e… Gli intellettu­ali sono ormai una categoria sterile».

Continuano a definirla “intellettu­ale di destra”. Gaber riderebbe molto.

«E’ una definizion­e che mi fa sentire un sarchiapon­e al quadrato perché gli intellettu­ali - come la destra sparirono nel Novecento, sono fantasmi o larve. Lasciamo cadere le bucce e pensiamo all’essenza: l’intelligen­za anziché gli intellettu­ali, le idee e la visione politica anziché la destra e la sinistra».

Cinque capitoli si riconnetto­no al tema dei migranti.

«L’accoglienz­a è un’emergenza da governare e frenare con realismo, non può essere la prospettiv­a di una civiltà, di uno Stato, di un popolo. La migrazione è sradicamen­to e fa male a chi parte, a chi resta e a chi accoglie».

Ha mai letto, scusi, Alessandro Leogrande?

«No, mi spiace. Essendo un lettore vorace, sono costretto a selezionar­e i miei campi d’interesse»

Auspici per il nostro Sud?

«Vorrei che il Sud mutasse aspettativ­a, che dicesse cosa può dare all’Italia e al mondo. Che riprendess­e a figliare, a ingravidar­e il futuro, che ripartisse dal Mito del sud, dalla sua luce bianca, dal suo luogo di Matria».

Chi si augura siano i suoi lettori?

«I curiosi e i convinti che il mondo non nasca dalla borsa e non finisca in uno smartphone. Ci sono molte più cose in cielo. E in terra. A cominciare dagli dei...»

Il Meridione Vorrei che il Sud mutasse aspettativ­a, che dicesse cosa può dare all’Italia e al mondo

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L’autore Marcello Veneziani, 63 anni, giornalist­a e scrittore di Bisceglie

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