Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Nuova Punta Perotti il Comune riapre ai proprietari dei suoli
Il Comune pronto a convocare i proprietari dei terreni: ok a costruire, ma la costa non si tocca Prosegue la battaglia giudiziaria in sede civile. La Mabar presenta un conto da 28 milioni
Un incontro per tentare di trovare una soluzione condivisa nella vertenza Punta Perotti. Il Comune di Bari è pronto a convocare i proprietari, mentre sul fronte giudiziario la Mabar chiede 28 milioni a chi ha causato l’errore sfociato nella lottizzazione «abusiva».
Un incontro per tentare di trovare una soluzione condivisa nell’interminabile vertenza di Punta Perotti. E soprattutto per porre fine all’anomalia di un parco cittadino pubblico (definito «della legalità») collocato su un suolo privato. Il Comune di Bari è pronto a convocare entro febbraio i proprietari dell’area (singoli e società) per iniziare a discutere di perequazione. Si tratta dello strumento che consentirebbe di trasferire il diritto di costruire dall’attuale zona di Punta Perotti ad altre aree della città. Il tutto proprio quando sta per configurarsi il progetto di restyling del litorale Sud di Bari. La convocazione, in sostanza, nasce dall’esigenza di dare una risposta alla lettera inviata a dicembre scorso dalla società Iema per riottenere il possesso di parte dei suoli rientranti nel parco. «Non vogliamo creare disagi alla città — disse Deborah Quistelli della Iema —, ma è giunto il tempo di fare chiarezza. Abbiamo subito un danno e nonostante otto anni trascorsi in tentativi infruttuosi di mediazione non giungono risposte».
Ma non è tutto. C’è anche un profilo di responsabilità che potrebbe toccare le casse dei soggetti pubblici coinvolti dalla vicenda sequestro e demolizione dei palazzi saracinesca. In sede civile, infatti, si sta celebrando il processo d’appello della sentenza con la quale era stata rigettata la richiesta di risarcimento danni presentata dalle imprese di Punta Perotti contro ministero per i beni e le attività culturali (Mibact), Regione Puglia e Comune di Bari. A tal proposito la difesa della Mabar, la società facente capo alla famiglia Andidero, ha messo in evidenza un nervo scoperto che può essere riassunto così: tutta la «telenovela» di Punta Perotti sarebbe nata per una «grave negligenza del comportamento tenuto dalle amministrazioni sin dall’approvazione degli strumenti urbanistici». Quando furono acquistati i suoli, nel 1989, c’era una lottizzazione (la 151) che faceva affidamento sulla destinazione edificatoria contenuta nel Piano regolatore generale (del 1976) e nei Piani pluriennali d’attuazione (1980). «Dopo l’approvazione dei Piani pluriennali di attuazione — è scritto nella memoria — il Comune di Bari aveva rilasciato anche i certificati di destinazione urbanistica dei suoli inclusi nel comprensorio asseverandone la destinazione edificatoria anche attraverso gli alleati degli estratti di mappa e delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore vigente».
La difesa, inoltre, indica anche due note dell’ufficio tecnico che attestano proprio l’edificabilità dell’area e i relativi costi per sostenuti dall’azienda come oneri di urbanizzazione (in tal senso c’è anche un documento degli uffici della Regione Puglia). È solo con le successive verifiche e inchieste della magistratura che emerge un dato di fatto: l’area non poteva essere considerata edificabile perché nettamente al di fuori del centro abitato della città di Bari. Perciò, come confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione, le lottizzazioni erano illegittime a causa dell’originaria inedificabilità del comprensorio. Il ragionamento porta a concludere che gli sviluppi successivi sarebbero da imputare alla condotta delle amministrazioni pubbliche. D’altronde nel 2006 interviene la demolizione dei manufatti e nel 2009 la Cedu condanna l’Italia per l’illegittimità della confisca e fissa un risarcimento complessivo (49 milioni di cui 9,5 milioni alla Mabar) che comprende il mancato godimento dei beni dal 2001 al 2010. La Cedu, dalla lettura testuale della sentenza, dispone anche la restituzione dei suoli e non escluderebbe la possibilità di richiedere il risarcimento per equivalente. Nel 2011 l’ex sindaco di Bari, Michele Emiliano, si oppone alla restituzione salvo poi fare un altro dietrofront. Nel 2015 le imprese propongono un accordo per riedificare l’area con volumi soft, ma a fine 2018 la Soprintendenza chiude il procedimento accertando l’esistenza di un vincolo paesaggistico. Mabar ora presenta il conto dopo trent’anni dall’acquisto dei suoli: la richiesta è di 28 milioni.