Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Morte di Zaray all’ospedaletto, indagati due medici
Indagati il primario di Rianimazione e l’anestesista del Giovanni XXIII
Concorso in omicidio colposo. È questa l’ipotesi di reato che la Procura di Bari contesta a due medici dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII, il primario di Rianimazione Leonardo Milella e l’anestesista Vito De Renzo, per la morte della dodicenne Zaray Coratella. La ragazzina venne ricoverata e operata per ridurre la frattura a un femore e poi morì per una ipertermia maligna.
Concorso in omicidio colposo. E’ questa l’ipotesi di reato che la Procura di Bari contesta a due medici dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII, il primario del reparto di Anestesia e Rianimazione, Leonardo Milella, e l’anestesista Vito De Renzo, per la morte della 12enne di origini colombiane Zaray Tatiana Coratella Gadaleta. La ragazzina, ricoverata per la riduzione della frattura di un femore, morì poco dopo l’intervento il 19 settembre 2017 per una ipertermia maligna, ossia una febbre altissima di origine genetica provocata dai gas dell’anestesia.
Il pm Bruna Manganelli ha chiuso le indagini, piuttosto complesse, dopo più di un anno. La posizione di un terzo medico, una anestesista, inizialmente coinvolta nell’inchiesta, è stata archiviata. Sarebbe intervenuta quando la situazione era già diventata drammatica.
Secondo gli accertamenti disposti dalla magistratura barese, durante l’intervento ortopedico di riduzione della frattura al femore, il dottor De Renzo avrebbe somministrato per l’anestesia generale un farmaco controindicato in determinate situazioni, come in caso di patologie congenite. Gli esami pre-operatori avevano rilevato alcuni valori alterati, «chiaro indice di miopatia» che, interagendo con i farmaci dell’anestesia, avrebbe appunto scatenato l’ipertermia maligna che nel giro di poche ore ha portato la ragazza alla morte.
Secondo l’accusa, il medico avrebbe dovuto monitorare costantemente la temperatura corporea e interrompere l’intervento. Il primario, poi, intervenuto nella cura della paziente ad operazione chirurgica conclusa, avrebbe erroneamente diagnosticato una «tromboembolia polmonare» e «ritardato» di altre tre ore «la somministrazione alla bambina del farmaco salvavita». Proprio su questo farmaco, il dantrolene, si concentra l’attenzione degli investigatori.
Secondo indiscrezioni emerse già nella prima fase delle indagini e di una inchiesta interna predisposta dall’azienda sanitaria, c’è il sospetto che la confezione del medicinale presente in sala operatoria fosse scaduta. Un altro aspetto da chiarire è il motivo per cui la diagnosi corretta formulata da una specializzanda fu invece ignorata. Tutti motivi che hanno spinto più volte la famiglia di Zaray a chiedere di far chiarezza. Il padre adottivo della bambina, Massimo Coratella, non vuole però ancora sbilanciarsi: «Aspettiamo di avere il fascicolo per fare commenti – dice solo - Siamo fiduciosi nel lavoro della magistratura».
La data Ricoverata per la riduzione della frattura di un femore, morì poco dopo l’intervento il 19 settembre 2017