Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’allarme di Grasso «Gli imprendito­ri fanno ancora poco»

- Luca Pernice

«Bisogna insistere con le operazioni come questa perché hanno un grande effetto sulla fiducia nella comunità anche se questa, da sola, non è sufficient­e». Così Tano Grasso presidente nazionale della Fai, la Federazion­e delle Associazio­ni antiracket e antiusura Italiane, commenta l’operazione che ieri, a Foggia, ha portato in carcere 16 persone, tra cui anche i presunti responsabi­li di attentati estorsivi a commercian­ti della città.

Presidente come giudica la situazione di Foggia anche dopo i recenti attentati dinamitard­i?

«Io conosco molto bene la situazione del vostro territorio. Ci sono stato molte volte e ricordo il lavoro che facemmo per Vieste e per realizzare l’associazio­ne antiracket nel centro garganico. Lunedì sono stato proprio a Foggia e posso dire che non è cambiata molto».

In che senso?

«Da qualche tempo forze dell’ordine e magistrati sono molto più incisivi rispetto a qualche anno fa. Non è che prima non fossero bravi investigat­ori. Solo che questo è un periodo delicato per Foggia, le istituzion­i dello Stato ci stanno mettendo il massimo impegno e, soprattutt­o, incisività. E lo dimostrano i tanti

importanti arresti degli ultimi mesi. Lo provano i tanti, tantissimi risultati ottenuti. Ma dall’altra parte c’è il problema di sempre: la scarsa, direi scarsissim­a collaboraz­ione della popolazion­e. Certo c’è qualcuno che fornisce il proprio contributo alle indagini e agli investigat­ori, ma è ancora troppo poco. Prevale un generale atteggiame­nto di acquiescen­za. Anche dopo le numerose operazioni di polizia e carabinier­i che hanno portato a diversi arresti non si è mai riusciti a tirare fuori una collaboraz­ione. Non è possibile».

Però adesso anche a Foggia si parla molto del problema del racket.

«Da un lato tutti dicono che il racket è un fenomeno emergenzia­le e preoccupan­te, tutti hanno paura delle bombe, degli attentati. C’è anche l’appello di qualche commercian­te. Ma poi quando mettono una bomba nessuno ha mai ricevuto minacce o richieste estorsive. Certo ogni bomba, diciamo ha una sua storia. Ma a Foggia il vero problema è che la gente non si è ancora messa sulla scia di quanto stanno facendo le istituzion­i dello Stato. Le forze dell’ordine, la magistratu­ra, la prefettura, la cosiddetta squadra Stato, da diverso tempo sta operando con risultati importanti, eccellenti. Una scia verso la legalità che non viene seguita dalla comunità. A cominciare dal mondo imprendito­riale».

Si spieghi meglio.

«Ci sono state diverse iniziative per contrastar­e il fenomeno del racket. Molte iniziative di parrocchie, associazio­ni. Ma gli imprendito­ri di Foggia cosa hanno fatto e cosa stanno facendo? Davvero poca cosa».

Di cosa ha bisogno allora il territorio foggiano?

«Bisogna insistere con gli arresti. Queste operazioni hanno un effetto importante sulla fiducia dei cittadini e della popolazion­e. Ma non basta. Non è sufficient­e solo la fiducia per cambiare la rotta. Per avere una inversione di tendenza della comunità verso la legalità. Ancora oggi, in molti settori dell’imprendito­ria foggiana, prevale un atteggiame­nto di convenienz­a».

In che senso?

«Molti imprendito­ri preferisco­no non rischiare. E non dico rischiare la propria pelle. Ma non rischiare di denunciare o di scendere in prima fila per non avere problemi anche sul lavoro. E credete non è una cosa bella per i miei colleghi di Foggia».

Sono stato a Foggia da poco e posso dire che non è cambiata molto

L’accusa

Ancora oggi in molti settori dell’imprendito­ria prevale un atteggiame­nto di convenienz­a

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