Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Decaro chiude col botto «Città migliorata, ora facciamo la storia»
A Bari il sindaco chiude la campagna elettorale davanti a 500 simpatizzanti e sotto gli occhi di Emiliano
Circa cinquecento persone hanno assistito al comizio finale della campagna elettorale di Antonio Decaro, sindaco uscente che nel suo applaudito intervento ha parlato di «città che è migliorata. E ora per i prossimi cinque anni siamo pronti a fare la storia». Sempre a Bari ieri sera i comizi delle candidate sindaco Elisabetta Pani (M5S) e Irma Melini (civica).
C’è una differenza di fondo nella campagna elettorale svolta dai sei candidati a sindaco di Bari. In 5 hanno detto la città che vogliono. Il sesto, Antonio Decaro, doveva fare altro e ha parlato della città che ha amministrato per 5 anni e vorrebbe continuare a guidare. Ecco perché quando in piazza Umberto il sindaco sale sul palco (un po’ vintage, dati i tempi), la prima cosa che fa è difendere il lavoro fatto: «Viviamo in una città migliore, più efficiente, turistica, moderna, più europea».
Decaro si fa accompagnare in piazza da una banda in livrea bianca. Dietro ai musicisti Decaro con la famiglia, il governatore Emiliano e un pattuglia di candidati. Introduzione quasi americana, e come nella tradizione della politica Usa si potrebbe dire che per 5 anni Decaro abbia lavorato per essere rieletto (ma senza compiacenze perché «governare è scontentare sempre qualcuno»). Ora vorrebbe essere rieletto per lasciare il suo nome impresso sulle pagine di storia. Così, in realtà, dicono gli americani. Decaro dice: «Cambiare la storia, ma non quella del mondo, quella della città». Per farlo chiede ai supporter uno sforzo: «Chiudere la partita domenica, al primo turno, senza bisogno del ballottaggio». Applausi e cartelli con il suo nome agitati dalla folla.
Primo avvertimento dispensato a chi ascolta: governare è difficile, soprattutto quando ti avversano venditori di fumo, come quelli che invocano «un recinto» per fermare i cinghiali. E quanto lungo, chiede Decaro? Dall’Alta Murgia a Bari, attraversando terreni di proprietà altrui? Governare è difficile anche quando hai qualcuno che arriva in città, «si infila una felpa con il nome Bari» (Salvini) e annuncia l’arrivo di 100 poliziotti. Quegli agenti non ci sono, grida Decaro, certo non si fa polemica, «ma i baresi non sono cretini» (l’espressione usata è più colorita).
«Cambiare la storia» significa liberarsi del «ruolo di comparsa», l’aspetto dimesso di «città non troppo bella e non troppo grande». E ora Bari ha rialzato la testa. Ha riconosciuto i propri difetti, ha affrontato e vinto appuntamenti decisivi: il G7, i numerosi concerti, gli eventi sportivi di carattere internazionale. Tutto con lavoro di coordinamento e «senza fare compromessi con la mafia», obbligatori secondo alcuni dei cliché più abusati. La città è finita, non per caso, nei cataloghi delle mete turistiche prestigiose. Tuttavia la soddisfazione del sindaco resta pure quella delle opere che restano e non solo degli affari turistici che si concludono. Ecco qui la citazione di quella che sembrava una prospettiva lontana e adesso è opera realizzata: il nuovo lungomare di San Girolamo. E poi i teatri, la cultura, la lotta contro la bruttezza. «Noi qui – conclude Decaro con enfasi – abbiamo una storia in comune. Abbiamo una storia in comune perché la storia l’abbiamo cambiata e non vogliamo tornare indietro». Applausi.
Il comizio di Decaro, va detto, è stato il più affollato tra tutti quelli dei candidati sindaci: circa 500 persone, un numero però che lascia stupefatti se paragonati a quelli del recente passato. Sabino De Razza, candidato sindaco per la lista Baricittàperta, il comizio l’ha proprio evitato. Per chiudere la campagna elettorale ha scelto una passeggiata dalla Casa del popolo di via Signorile alla sede della comunità barese del Bangladesh, in via Sagarriga Visconti.