Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Decaro chiude col botto «Città migliorata, ora facciamo la storia»

A Bari il sindaco chiude la campagna elettorale davanti a 500 simpatizza­nti e sotto gli occhi di Emiliano

- Di Francesco Strippoli

Circa cinquecent­o persone hanno assistito al comizio finale della campagna elettorale di Antonio Decaro, sindaco uscente che nel suo applaudito intervento ha parlato di «città che è migliorata. E ora per i prossimi cinque anni siamo pronti a fare la storia». Sempre a Bari ieri sera i comizi delle candidate sindaco Elisabetta Pani (M5S) e Irma Melini (civica).

C’è una differenza di fondo nella campagna elettorale svolta dai sei candidati a sindaco di Bari. In 5 hanno detto la città che vogliono. Il sesto, Antonio Decaro, doveva fare altro e ha parlato della città che ha amministra­to per 5 anni e vorrebbe continuare a guidare. Ecco perché quando in piazza Umberto il sindaco sale sul palco (un po’ vintage, dati i tempi), la prima cosa che fa è difendere il lavoro fatto: «Viviamo in una città migliore, più efficiente, turistica, moderna, più europea».

Decaro si fa accompagna­re in piazza da una banda in livrea bianca. Dietro ai musicisti Decaro con la famiglia, il governator­e Emiliano e un pattuglia di candidati. Introduzio­ne quasi americana, e come nella tradizione della politica Usa si potrebbe dire che per 5 anni Decaro abbia lavorato per essere rieletto (ma senza compiacenz­e perché «governare è scontentar­e sempre qualcuno»). Ora vorrebbe essere rieletto per lasciare il suo nome impresso sulle pagine di storia. Così, in realtà, dicono gli americani. Decaro dice: «Cambiare la storia, ma non quella del mondo, quella della città». Per farlo chiede ai supporter uno sforzo: «Chiudere la partita domenica, al primo turno, senza bisogno del ballottagg­io». Applausi e cartelli con il suo nome agitati dalla folla.

Primo avvertimen­to dispensato a chi ascolta: governare è difficile, soprattutt­o quando ti avversano venditori di fumo, come quelli che invocano «un recinto» per fermare i cinghiali. E quanto lungo, chiede Decaro? Dall’Alta Murgia a Bari, attraversa­ndo terreni di proprietà altrui? Governare è difficile anche quando hai qualcuno che arriva in città, «si infila una felpa con il nome Bari» (Salvini) e annuncia l’arrivo di 100 poliziotti. Quegli agenti non ci sono, grida Decaro, certo non si fa polemica, «ma i baresi non sono cretini» (l’espression­e usata è più colorita).

«Cambiare la storia» significa liberarsi del «ruolo di comparsa», l’aspetto dimesso di «città non troppo bella e non troppo grande». E ora Bari ha rialzato la testa. Ha riconosciu­to i propri difetti, ha affrontato e vinto appuntamen­ti decisivi: il G7, i numerosi concerti, gli eventi sportivi di carattere internazio­nale. Tutto con lavoro di coordiname­nto e «senza fare compromess­i con la mafia», obbligator­i secondo alcuni dei cliché più abusati. La città è finita, non per caso, nei cataloghi delle mete turistiche prestigios­e. Tuttavia la soddisfazi­one del sindaco resta pure quella delle opere che restano e non solo degli affari turistici che si concludono. Ecco qui la citazione di quella che sembrava una prospettiv­a lontana e adesso è opera realizzata: il nuovo lungomare di San Girolamo. E poi i teatri, la cultura, la lotta contro la bruttezza. «Noi qui – conclude Decaro con enfasi – abbiamo una storia in comune. Abbiamo una storia in comune perché la storia l’abbiamo cambiata e non vogliamo tornare indietro». Applausi.

Il comizio di Decaro, va detto, è stato il più affollato tra tutti quelli dei candidati sindaci: circa 500 persone, un numero però che lascia stupefatti se paragonati a quelli del recente passato. Sabino De Razza, candidato sindaco per la lista Baricittàp­erta, il comizio l’ha proprio evitato. Per chiudere la campagna elettorale ha scelto una passeggiat­a dalla Casa del popolo di via Signorile alla sede della comunità barese del Bangladesh, in via Sagarriga Visconti.

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Ill sindaco Antonio Decaro ha tenuto il suo ultimo comizio elettorale, prima del voto del 26 maggio, nella centrale piazza Umberto
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