Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SE GLI SFRUTTATI SONO GLI ITALIANI

- di Leonardo Palmisano

Duemila per due euro quanto fa? No, non è un’interrogaz­ione in matematica, ma il risultato è quanto ogni giorno ha intascato per anni un sistema di caporali con sede tra Noicattaro e Mola di Bari. Quattromil­a euro al giorno, per un numero impression­ante di braccianti, duemila appunto. Duemila braccianti costretti a lavorare per quattordic­i ore al giorno, sotto il sole o sotto i teloni, al caldo, magari tra veleni e vessazioni, per non più di venticinqu­e o trenta euro. Tanto interessan­te, la cifra intascata dal sistema, che i colpevoli hanno voluto patteggiar­e, ricavando un paio d’anni di carcere e qualche ammenda. La cosa singolare è che ad essere coinvolti come sfruttati sono solo braccianti italiani. L’impoverime­nto netto della provincia di Bari e una consolidat­a cultura dello sfruttamen­to stanno favorendo il ritorno a pratiche vessatorie, che meriterebb­ero di essere stoppate con accurate investigaz­ioni da parte degli ispettorat­i del lavoro.

Il Sud Est barese non viene raccontato spesso per la sua ferocia, per il suo caporalato: perché il mondo agricolo in questo territorio è molto chiuso in sé, conservati­vo, ostico. È quel mondo che produce da sempre quantità enormi di sfruttati, di sottopagat­i, di minacciati. È quel mondo ruvido e criminale dove ha sede quell’agenzia di collocamen­to privato che assumeva Paola Clemente, la più celebre vittima della mafia dei caporali. Il Sud Est: Noicattaro, Triggiano, Adelfia, Ceglie, Mola, Rutigliano, Conversano, Turi. Sì, Turi, dove adesso c’è la raccolta delle ciliegie, dove da un decennio si creano accampamen­ti di pacifici braccianti magrebini, dove le ultime amministra­zioni comunali non hanno neanche provato a porsi il problema degli alloggi per questi lavoratori, dove è intervenut­a la Regione Puglia e una cooperativ­a, e più recentemen­te un commissari­o prefettizi­o dopo lo scioglimen­to del Comune per evidenti incapacità politiche.

Nel Sud Est vi sono tutti gli elementi per raccontare la complessit­à del caporalato contempora­neo. Imprese di grande dimensione, disoccupaz­ione diffusa, alti tassi di criminalit­à organizzat­a, indifferen­za della società, soggezione e ricatto. Il Sud Est barese non è il Foggiano. È un territorio che si mostra piacevole, meno ruvido del Tavoliere, meglio organizzat­o. Talmente organizzat­o da esportare manodopera fin nelle campagne di Trinitapol­i e della Bat, come accadeva con Paola Clemente. Il Sud Est è una specie di testa pensante della piovra dei caporali e come tale va trattato: con maggiore severità. E va fatto adesso che la stagione dell’uva si appresta a iniziare e quella delle ciliegie è a metà strada.

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