Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SE GLI SFRUTTATI SONO GLI ITALIANI
Duemila per due euro quanto fa? No, non è un’interrogazione in matematica, ma il risultato è quanto ogni giorno ha intascato per anni un sistema di caporali con sede tra Noicattaro e Mola di Bari. Quattromila euro al giorno, per un numero impressionante di braccianti, duemila appunto. Duemila braccianti costretti a lavorare per quattordici ore al giorno, sotto il sole o sotto i teloni, al caldo, magari tra veleni e vessazioni, per non più di venticinque o trenta euro. Tanto interessante, la cifra intascata dal sistema, che i colpevoli hanno voluto patteggiare, ricavando un paio d’anni di carcere e qualche ammenda. La cosa singolare è che ad essere coinvolti come sfruttati sono solo braccianti italiani. L’impoverimento netto della provincia di Bari e una consolidata cultura dello sfruttamento stanno favorendo il ritorno a pratiche vessatorie, che meriterebbero di essere stoppate con accurate investigazioni da parte degli ispettorati del lavoro.
Il Sud Est barese non viene raccontato spesso per la sua ferocia, per il suo caporalato: perché il mondo agricolo in questo territorio è molto chiuso in sé, conservativo, ostico. È quel mondo che produce da sempre quantità enormi di sfruttati, di sottopagati, di minacciati. È quel mondo ruvido e criminale dove ha sede quell’agenzia di collocamento privato che assumeva Paola Clemente, la più celebre vittima della mafia dei caporali. Il Sud Est: Noicattaro, Triggiano, Adelfia, Ceglie, Mola, Rutigliano, Conversano, Turi. Sì, Turi, dove adesso c’è la raccolta delle ciliegie, dove da un decennio si creano accampamenti di pacifici braccianti magrebini, dove le ultime amministrazioni comunali non hanno neanche provato a porsi il problema degli alloggi per questi lavoratori, dove è intervenuta la Regione Puglia e una cooperativa, e più recentemente un commissario prefettizio dopo lo scioglimento del Comune per evidenti incapacità politiche.
Nel Sud Est vi sono tutti gli elementi per raccontare la complessità del caporalato contemporaneo. Imprese di grande dimensione, disoccupazione diffusa, alti tassi di criminalità organizzata, indifferenza della società, soggezione e ricatto. Il Sud Est barese non è il Foggiano. È un territorio che si mostra piacevole, meno ruvido del Tavoliere, meglio organizzato. Talmente organizzato da esportare manodopera fin nelle campagne di Trinitapoli e della Bat, come accadeva con Paola Clemente. Il Sud Est è una specie di testa pensante della piovra dei caporali e come tale va trattato: con maggiore severità. E va fatto adesso che la stagione dell’uva si appresta a iniziare e quella delle ciliegie è a metà strada.