Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SE IL SOLO RIVALE È IL CODICE DEM
Non è facile nell’arcipelago del centrosinistra individuare l’antiEmiliano. L’uomo o la donna, cioè, che sia capace di scippargli lo scettro di candidato alla presidenza della Regione Puglia. È troppo presto per uscire allo scoperto: manca ancora quasi un anno alle elezioni e un possibile contendente al trono potrebbe essere spinto ad accettare un consiglio che alla fine non potrebbe rifiutare da parte di chi otterrebbe lo scopo di mettere in naftalina i rivali più indigesti. Ma è altrettanto vero che i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli e nella squadra dei democratici nessuno lascia intendere di volersi avvicinare al dischetto.
In queste ore l’ex viceministro Teresa Bellanova, smagliante seguace renziana della prima ora, respinge sdegnata la proposta di scendere in campo contro il Gladiatore fatta da Fabrizio Ferrante, apostolo di Matteo Renzi nella Bat. Eppure la sindacalista dura e pura di un tempo che fu, non perde l’occasione appena può di sparare a palle incatenate nei riguardi del pm antimafia prestato alla politica. Quale migliore opportunità di suonargliele di santa ragione nel segreto di una consultazione del popolo progressista? Niente da fare. Sono necessarie, piuttosto, «personalità politiche capaci di incarnare un progetto per la Puglia» dice ieri al Corriere del Mezzogiorno la Bellanova, che evidentemente si sottovaluta a prescindere, suggerirebbe Totò.
Né probabilmente si sopravvaluta il plotone di C-entra il futuro, sei consiglieri regionali targati Pd che lasciano intuire intenzioni bellicose, ma non aprono bocca. Sì, insomma, Emiliano non deve dormire sonni tranquilli, ma per il momento a russare è gente come Fabiano Amati o Sergio Blasi, che devono essere lettori di Abramo Lincoln: «Meglio tacere e dare l’impressione di essere stupidi, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio», consigliava il primo presidente repubblicano degli Stati Uniti.
Nel frattempo la politica si confonde con la giustizia penale. Nemmeno se lo vedessimo con i nostri occhi riusciremmo a credere che il governatore pugliese si comporta da malfattore. Il magistrato in aspettativa è una persona perbene. Non per questo deve essere negato ai pubblici ministeri il diritto e il dovere di approfondire gli aspetti della vita pubblica di Emiliano su cui si allunga l’ombra di un qualsiasi sospetto.
Due, per la precisione. Nel 2017 voleva diventare segretario nazionale del Pd e avrebbe accettato che un imprenditore sponsorizzasse con 59 mila euro una parte della sua campagna elettorale per le primarie. L’altra faccia della medaglia riguarda la nomina nel cda di un’agenzia regionale di un ex sindaco che secondo la legge Severino avrebbe dovuto aspettare due anni prima di votarsi al nuovo incarico.
Il diretto interessato si difende con le unghie e con i denti: è tutto regolare; anzi, regolarissimo. Ma lo fa tradendo una dose forse eccessiva di nervosismo. Dettato non tanto dalle conseguenze penali chiamato ad affrontare, quanto per quelle politiche. Nessuno o quasi - Bellanova, Amati, Blasi & C. - ama Emiliano. Tutti, però, sembrano consapevoli che resta un cavallo di razza in grado di sbaragliare la concorrenza, interna così come quella dei Cinque Stelle e della destra. A quanto pare non ci sarebbe il modo di sbarazzarsi di una presenza ingombrante. A meno che non avvenga quello che nessuno riusciva a immaginare.
È del tutto normale che i requirenti si occupino degli eventuali reati commessi da Emiliano. Suonerebbe come una manna caduta dal cielo per i suoi oppositori, il fatto di vederlo dietro il banco degli imputati. Questo significherebbe impedirgli di partecipare alle votazioni nel 2020. O, comunque, lasciarglielo fare senza avere l’appoggio proprio del Pd. Il codice etico del partito guidato da Zingaretti all’articolo 5 fissa le «condizioni ostative alla candidatura» da parte di chiunque voglia cimentarsi nella battaglia per la conquista delle urne. Attraverso la prima di queste regole ci si impegna a stroncare sul nascere le ambizioni di tutti gli aspiranti alla poltrona «nei cui confronti alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali sia stato emesso decreto che dispone il giudizio». Potrebbe essere il caso di Emiliano. A meno che l’Ufficio del procuratore di Bari non stabilisca di chiudere con un nulla di fatto i due procedimenti a carico dell’indagato eccellente. Diversamente un rinvio a giudizio indipendentemente da come finirà la partita di fronte al giudice, spingerebbe gli avversari di Emiliano a schierarsi. Per una volta, almeno.