Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La fermezza di Melucci e il muro dei 5 Stelle «Si rispetti la legge» Sindacati preoccupati
I parlamentari del Movimento 5 Stelle tirano dritto sulla questione dell’immunità penale per Arcelor Mittal. Secondo Giovanni Vianello «è una norma che - in maniera del tutto eccezionale - giustifica un reato, deroga il sistema della legalità e si pone in contrasto, fra gli altri, al principio costituzionale della legge uguale per tutti». Sostiene che «loro stessi dicono di essere i migliori del mondo perciò non credo debbano preoccuparsi della cancellazione di quest’esimente, come loro stessi dichiaravano solo qualche giorno fa. Nel decreto Crescita abbiamo previsto l’abrogazione dell’immunità penale dal 6 settembre prossimo mentre già da subito tempi certi e responsabilità precise in caso di violazioni delle normative anche a protezione dell’incolumità pubblica». Il rappresentante tarantino dei 5 Stelle conferma che l’esimente dai reati penali durante l’attuazione del piano ambientale sarà eliminata. Il governo, in realtà, si mostra più cauto e aperto a soluzioni equilibrate.
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che proprio alcuni giorni fa ha sospeso la trattativa sul protocollo d’intesa con ArcelorMittal e chiesto la revoca delle concessioni demaniali al porto, ammette che «cambiare in corsa le regole capisco possa rappresentare un problema, ma mi stupisce tutta questa ansia per un gestore che quotidianamente comunica di stare facendo le cose per bene, di puntare sulla strategicità del sito di Taranto e di volersi prendere cura della comunità. Di certo l’epoca dei ricatti, di qualunque tipo, è tramontata per sempre. Sia quel che sia». Melucci sta lavorando da tempo a un’altra Taranto, punta a un futuro nel quale non obbligatoriamente deve esserci l’acciaio a certi costi umani. «La città sta già guardando oltre – afferma - chi non è disponibile a giocarsi tutto per Taranto, non sarà di certo salvaguardato da un pezzo di carta o da una norma sui generis».
Una posizione prudente, con l’occhio rivolto ai lavoratori e contraria alle iniziative del governo è quella della Uilm Taranto. «Dopo la decisione della cassa integrazione ordinaria per 1.400 lavoratori di Taranto – è scritto in una nota - che si aggiungono ai 1.700 già in amministrazione straordinaria, arriva un’altra doccia fredda: ArcelorMittal annuncia che qualora venisse approvato nel decreto Crescita la norma che cancella le tutele legali fino al completamento del piano Ambientale, non ci sarebbero le condizioni per continuare a gestire lo stabilimento. Né tantomeno potrebbero farlo altri». Il sindacato aggiunge che «questa materia così delicata non può essere gestita con teatralità e pressapochismo da parte del governo (attaccato anche dal parlamentare pd, Francesco Boccia, ndr). Invitiamo ArcelorMittal a non assumere decisioni dannose che vanificherebbero tutti gli sforzi economici e finanziari fin qui realizzati e invitiamo il governo ad assumere decisioni coerenti rispetto agli impegni del piano Ambientale e all’accordo sindacale del 6 settembre 2018».
In una nota congiunta, Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Gianni Venturi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile siderurgia, sostengono che «le vicende gettano nuove incertezze sulle prospettive dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto e segnalano come il Paese abbia urgente necessità di dotarsi di un quadro legislativo entro cui collocare le strategie di politica industriale ed ambientale. Senza un orizzonte ragionevolmente certo di stabilità delle norme non vi è possibilità di attrarre investimenti. L’accordo prevede il raggiungimento degli obiettivi di risanamento ambientale e di riorganizzazione degli impianti entro il 2023, e per quanto ci riguarda continua a costituire il quadro di riferimento».
Re David (Cgil) I fatti delle ultime ore gettano nuove, inquietanti incertezze sulle prospettive del Siderurgico
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