Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
NELLA TRAPPOLA DELL’AUTONOMIA
L’ira dei governatori di Lombardia e Veneto, condita da un epiteto fuori dalle righe («cialtroni») rivolto al governo per il colpo di freno impresso alla regionalizzazione della scuola, prelude al dialogo. La cosiddetta autonomia differenziata si farà, temo nel peggiore dei modi. Del tutto coerente, purtroppo, con il processo sussultorio che l’ha contraddistinta fin dall’inizio, in cui istanze di competizione elettorale hanno prevalso su una riflessione meditata riguardo a un tema cruciale per lo sviluppo, la governabilità e le fondamenta etiche del Paese.
Il punto di non ritorno l’ha segnato la riforma, targata centrosinistra, del Titolo V della Costituzione (2001), che ha dilatato le materie oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. I governi successivi hanno evitato di premere l’acceleratore. Considero un merito dell’esecutivo guidato da Renzi il tentativo di istituzionalizzare la conflittualità con i territori, tramite il Senato delle autonomie, parte integrante della sua riforma della Carta, bocciata dalle urne. Nello scorcio della passata legislatura, il governo Gentiloni ha improvvidamente sottoscritto pre–intese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che prevedevano in buona sostanza la facoltà da parte del Parlamento di accoglierle o rigettarle in toto, ma non di emendarle, nonché l’attribuzione di risorse alle regioni commisurata al gettito fiscale maturato al loro interno. Inserita nel calderone del contratto di governo, come fosse una pratica qualunque, l’autonomia è stata bloccata nel passaggio alla fase operativa (febbraio 2019) dalla pausa di riflessione imposta dalla tardiva resipiscenza dei grillini. Dopo mesi di schermaglie scandite da caveat e rassicurazioni, i governatori sono montati sulle barricate per reclamare un pronto redde rationem. Non a caso, la bomba è esplosa sulle deleghe per l’istruzione, cruciali per l’entità delle risorse coinvolte e, soprattutto, per i rischi di sgretolamento di una funzione chiave per l’identità nazionale.
Risorse, deleghe. Aspetti in parte connessi, ma dalle criticità ben diverse. Sulle risorse, il dibattito ha messo in luce la fragilità concettuale e l’iniquità sostanziale del cosiddetto residuo fiscale, quale criterio per la loro allocazione, che deve viceversa garantire eguali prestazioni dei servizi essenziali (in primis sanità e istruzione) all’intera cittadinanza, indipendentemente dal territorio di residenza