Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Nella trappola
Si discuterà, anzi si litigherà, su perequazioni, «spese storiche» e anche (perché no?) su sperperi e inefficienze, ma il fondamento teorico della «secessione dei ricchi» è stato seriamente intaccato. Personalmente, ritengo possibile un compromesso sui soldi, in grado di ridurre le fondate preoccupazioni delle regioni meridionali. Che la richiesta di denari rimanga un argomento controverso è indubbio: scacciata dalla porta si riaffaccerà dalla finestra in relazione all’ampiezza delle competenze che le regioni riusciranno ad intestarsi. Deleghe appunto. Lì si cela il diavolo dell’autonomia differenziata. Che travalica le contrapposizioni tra Nord e Sud. Di istruzione e sanità si è già accennato per la loro rilevanza nell’evitare disparità nelle diverse aree e per l’entità della spesa attivata. Mi limiterò a menzionare soltanto alcune materie, non altrettanto “visibili” da parte dell’opinione pubblica, ma dal forte impatto sulla fluidità e l’efficienza della politica economica, in ultima analisi sullo sviluppo dell’intero Paese. Ad esempio, la rivendicazione della piena competenza in settori quali energia, porti e aeroporti civili, Grandi reti di trasporto e navigazione, che sottrae infrastrutture strategiche all’iniziativa e al controllo dello Stato. Del quale si lamentano spesso, anche se non sempre a proposito, lungaggini e burocratismi, sottovalutando viceversa le responsabilità dell’intermediazione politica delle burocrazie regionali nella proliferazione di veti, interdizioni, arroccamenti su particolarismi, ricorsi. La conflittualità tra Stato e territori e di questi ultimi tra loro è forse la causa principale della stasi in cui versa il Paese.
Si discetta molto dei vantaggi del decentramento rispetto al centralismo, ma la questione non può risolversi in astratto. Le esperienze internazionali dimostrano che le autonomie dispiegano tanta più efficacia, quanto più gli assetti istituzionali dei Paesi sono in grado di presidiare priorità di carattere generale. Che non sia il caso dell’Italia è evidenziato dalla settantina di governi succedutisi durante il periodo repubblicano, delineando un contesto politico fragile, premiante la difesa dell’esistente, i rinvii, i niet. Difficilmente il Mezzogiorno beneficerà di una autonomia concepita, per così dire, tramite una pura e semplice sottrazione di poteri al centro. Il periodo in cui è riuscito ad accorciare le distanze con il Centro-Nord (metà anni ’50- fine ’60), ha coinciso con una fase in cui lo Stato disponeva di autorevolezza e strumenti di intervento, senza dover pagare eccessivi pedaggi a politiche di piccolo cabotaggio. Un’esperienza liquidata da decenni di neoliberismo trionfante. Che oggi ritrova una sua attualità su cui è opportuno riflettere.