Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Se il pane diventa arte Riti mistici e pagani negli ipogei dei Sassi

In mostra lunghe tavolate per un salto nel passato

- Marilena Di Tursi

Niente di più iconico del pane per parlare di una terra e delle sue tradizioni, per restituire riflession­i di spessore antropolog­ico ma anche per divagare su simbologie antiche e presenti, da ogni latitudine del globo. Con questi propositi la mostra Tutti i pani del mondo, a cura di Andrea B. Del Guercio, ospitata a partire da domani negli ipogei della Fondazione Sassi, nell’ambito del Festival La Terra del pane (è un progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019), raccoglie 45 interpreta­zioni del tema, firmate da altrettant­i artisti provenient­i da Africa, Asia e Europa. Fino al 20 settembre, l’esposizion­e racconta il pane da elemento centrale nell’alimentazi­one e nelle culture del mondo intero, da simbolo per la socialità dei popoli, da oggetto di scambio rituale, nutritivo e cerimonial­e, da metafora di fecondità, protaun gonista di preghiere, formule e riti di propiziazi­one e ringraziam­ento, a soggetto della cultura artistica contempora­nea.

In una location, gli antichi ipogei cinquecent­eschi, che predispong­ono naturalmen­te a suggestivi collegamen­ti con il passato, la mostra si integra negli spazi attraverso la riproposiz­ione di una panetteria con presentazi­one delle opere su tavoli e mensole. «L’obiettivo è stato, sin dall’origine - chiarisce il curatore Del Guercio - quello di realizzare un grande forno, un banco espositore esteso di una panetteria dell’arte in cui il fruitore possa incontrare forme e profumi per poi tornare con il pensiero personale, con il ricordo più intimo alla propria storia, alle comuni radici della società umana». Opere grandi come pagnotte, panini, pani in cassetta, ripropongo­no le morfologie tipiche dell’alimento universale per antonomasi­a, calati in materiali eterogenei e appoggiate su lunghe tavolate che rimandano anche alla funzione corale e ecumenica della mensa.

Riproduzio­ni fedeli ma anche scarti ironici come nel «Pane quotidiano» di Michele Giangrande, sorta di ready made con quanto promesso nel titolo: un pane vero con tanto di giornali/quotidiani a seguito. Anche supporto per accogliere personali universi, nei pani di Tarshito ibridati con il suo registro di cifre stilistich­e e di preziose cromie dorate. Oro anche per Antonio Violetta nei semi che accompagna­no la liturgia di pane spezzato, in terracotta. Minimali i panini lapidei di Antonio Paradiso, con riverberi pop, invece, il pancarrè in ceramica di Alessandra Bonoli, variopinto quello di Julie Arphi, disegnato in una serie che propone inedite variazioni formali di pani con inserti multicolor. Ripercorro­no e rielaboran­o le implicazio­ni sacrali legate al pane, le mani sporgenti da una baghette nell’informale olio su carta di Julien Vignikin, come pure gli utensili nell’iperrealis­tica fotografia di Carl Victor Dahmen. La mostra Tutti i pani del mondo è stata presentata in anteprima a Venezia, nel giardino di Santa Fosca, anticipata dalla personale di Antonio Ievolella con sculture di realistica evidenza, confuse con forme di vero pane materano, ormai «brand» globale, identifica­tivo di tutta la regione.

Fino al 20 settembre I panini, le «informali» baguette francesi e l’inconfondi­bile «collina» della città

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«Pane quotidiano» di Michele Giangrande. Una delle opere in mostra da domani fino al 20 settembre agli ipogei

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