Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’acqua che nessuno usa Lo spreco dei depuratori
Solo il 6,5% del recuperato di Aqp e di una società privata finisce nei campi coltivati
La Puglia spende risorse per affinare l’acqua dei depuratori. Ma solo il 6,5% viene utilizzato per l’agricoltura, il resto viene sprecato (nella foto Ninni Borzillo).
In fondo è come se la Puglia avesse a disposizione una diga piena d’acqua che annualmente svuota in mare o nei recapiti finali previsti dalla normativa. Perché quella risorsa, utilizzabile per fini agricoli, non ha clienti. O meglio: ha una richiesta così bassa da superare di poco il 6%. Succede anche questo in una regione che ha sempre avuto problemi di approvvigionamento e che deve fare i conti con la salinizzazione della falda. Questa volta il meccanismo inceppato (o del tutto da avviare) interessa il sistema della depurazione. Sinora, nove sono gli impianti che trattano i reflui rendendoli compatibili per l’agricoltura (Acquaviva delle Fonti, Castellana Grotte, Noci, Trinitapoli, Fasano, Ostuni, Casarano, Corsano e Gallipoli) in grado di affinare 14 milioni di metri cubi di acqua all’anno (nei prossimi anni gli impianti di alta tecnologia saliranno a 39). Di questi solo quattro Fasano, Ostuni, Corsano e Gallipoli - hanno iniziato a distribuire agli agricoltori. Ma con volumi alquanto limitati: Ostuni, Corsano e Gallipoli «producono» 4,7 milioni di metri cubi all’anno e nel 2018 hanno riutilizzato meno di 310 mila metri cubi (6,5% del totale). Il 93,5% di acqua viene perso. «L’acqua dei nostri impianti - afferma Francesca Portincasa, direttrice reti impianti e coordinatrice operativa di Acquedotto Pugliese - è di ottima qualità e controllata costantemente. Prima dell’erogazione viene effettuato un piano di gestione ed emergenze: se ci sono anomalie i sistemi bloccano la fornitura. Ci vuole un salto culturale».
Il quarto impianto in funzione, quello di Fasano, è affidato al gestore privato Aquasoil. «Nel 2018 - spiega Nino Satoro, project manager - sono stati affinati 1,8 milioni di metri cubi di acqua e 500 mila metri utilizzati per l’agricoltura. Possiamo contare su una rete di distribuzione di 30 chilometri per un’area di mille ettari. I costi? Solo 0,21 euro a metro cubo». La restante parte della produzione, 1,3 milioni di metri cubi, viene comunque affinata per alimentare il lago di Forcatella. «È una forma di ambientalizzazione - conclude Santoro perché l’acqua va a ricostituire il livello della falda. Inoltre, stiamo sperimentando una tecnologia che consentirà di rendere quelle acque potabili per uso civile».
Al di là del privato, la particolarità del pubblico è che per l’acqua depurata proveniente dagli impianti di Aqp il costo è assorbito in bolletta, quindi gli agricoltori potrebbero ottenere la fornitura a costo zero (prima regione in Italia a utilizzate tale formula). «Le uniche spese da affrontare termina Portincasa - sono quelle di distribuzione e manutenzione che spettano a chi ha ingestione le reti». Su questo tema non esiste un panorama omogeneo. «Il comparto - sostiene Ninni Borzillo, commissario dei consorzi di bonifica (con esclusione di quello della Capitanata) - non può disperdere questo patrimonio. Bisogna accelerare sfruttando tutte le soluzioni possibili. A partire dalla diga del Pappadai (a Grottaglie, ndr) che potrebbe raccogliere i reflui depurati per fini agricoli».
Fatto sta che i primi interessati, le imprese agricole, non si tirano indietro. Ma ricordano come non esista alcun luogo dove si è aperto il confronto. «È strano che si parli di sprechi - rileva Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia - quando non siamo mai stati coinvolti nella programmazione. L’unico caso riguarda l’impianto di Noci dove 15 nostri associati hanno presentato domanda. Dopo un anno di fornitura non è stata effettuata la manutenzione rendendo impossibile il rinnovo».