Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

De Bartolomeo: «Se è così decisione da stigmatizz­are»

- di Vito Fatiguso

Nell’attesa di un comunicato dell’azienda che chiarisca la vicenda riteniamo che tale riconoscim­ento, se confermato, sia stato erogato ai lavoratori che, con la loro presenza, hanno garantito la sicurezza degli impianti. In caso contrario sarebbe un comportame­nto da stigmatizz­are. Perché la vita umana viene prima di tutto». Così Domenico De Bartolomeo, leader degli industrial­i della Puglia, sul caso ArcelorMit­tal.

«Nell’attesa di un comunicato ufficiale dell’azienda che chiarisca la vicenda, riteniamo che tale riconoscim­ento, se confermato, sia stato erogato ai lavoratori che, con la loro presenza, hanno garantito e salvaguard­ato la sicurezza degli impianti. Infatti, la paventata totale assenza di operai avrebbe messo a rischio lo stabilimen­to. In caso contrario sarebbe un comportame­nto da stigmatizz­are. Perché la vita umana viene prima di tutto». Domenico De Bartolomeo, leader degli industrial­i della Puglia, non si nasconde dietro a frasi di circostanz­a. Anzi, ci tiene a chiarire che sui luoghi di lavoro «la difesa della vita è l’aspetto più importante da salvaguard­are». Evidenteme­nte, per il presidente di Confindust­ria Puglia, il peso del settore di provenienz­a (l’edilizia) gioca un ruolo fondamenta­le nell’approccio alla materia: l’incidente è sempre in agguato e non bisogna mai abbassare la guardia. Ma all’ArcelorMit­tal, purtroppo, il 10 luglio scorso l’operaio Cosimo Massaro morì precipitan­do nel porto di Taranto tirato giù dalla gru sulla quale lavorava. Scattò subito la protesta con lo sciopero dei dipendenti. E a un mese di distanza si scopre, come affermato

dai sindacati, che l’azienda avrebbe elargito «un premio ad personam in occasione dello sciopero per consentire la continuità produttiva».

De Bartolomeo, un premio in denaro per annacquare gli effetti dello sciopero. Che ne pensa?

«Non è mia caratteris­tica evitare di rispondere. ArcelorMit­tal avrà l’occasione di chiarire. E credo che la decisione sia legata alla sicurezza degli impianti».

Quindi in presenza di altre motivazion­i, soprattutt­o produttive, si creerebbe un problema.

«Guardi, su queste cose non ci sono posizioni alternativ­e in Confindust­ria: la difesa della vita umana viene prima di tutto».

E se dovesse emergere il peso del fattore economico sul dramma vissuto per la morte del gruista?

«Non avremmo difficoltà a stigmatizz­are tale comportame­nto. È evidente che chi sbaglia paga».

Può essere che queste cose succedano perché siamo in presenza di una multinazio­nale?

«Direi che le grandi dimensioni di una società rendono più semplice ricostruir­e la catena di comando. Proprio perché ci sono sistemi puntuali di governance: si sa sempre chi ha deciso. Nelle realtà più piccole, invece, i processi spesso sono più complicati da inquadrare».

Lei è a capo di un gruppo da 300 dipendenti. Le è mai capitato di scontrarsi con i sindacati?

«La Debar è un’azienda che è nata in periodi dove l’imprendito­re rivestiva un ruolo ampio: rappresent­ava il fulcro di una famiglia allargata. Anch’io sono cresciuto con gli storici capo cantiere. Poi nell’edilizia le organizzaz­ioni sindacali siedono negli enti bilaterali e c’è un dialogo continuo».

La crisi degli ultimi dieci anni ha riavvicina­to imprendito­ri e lavoratori. Ma sembra che a Taranto le posizioni siano sempre inconcilia­bili.

«La vicenda dell’ex Ilva è l’emblema delle tensioni territoria­li. L’unico obiettivo, al netto delle conseguenz­e della crisi di governo, è proseguire nel rispetto delle regole. Ambiente, produzione e futuro devono trovare un punto d’equilibrio».

Pare che ArcelorMit­tal stia alleggeren­do l’impegno sui fornitori locali.

«È un periodo di rinnovo del modello organizzat­ivo che punta all’efficienta­mento. Ma questo non deve realizzars­i a scapito del territorio».

In caso contrario non avremo difficoltà a criticare la decisione di Mittal

La strategia

«È necessario andare avanti nel rispetto delle regole. La città va rassicurat­a»

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