Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Nel cuore (ormai) perduto di Bari Vecchia

- Di Renato de Robertis

Apartire dal 19esimo secolo Bari Vecchia rappresent­ò il locus su cui la politica si confrontav­a o si scontrava per gestire il futuro cittadino. Indiscutib­ilmente il quartiere storico divenne la grande occasione per affermare la modernità. Nei primi decenni e nella seconda parte del Novecento, la religione del progresso si diffuse a Bari attraverso uno sviluppo edilizio irrefrenab­ile. Così la città moderna ed imprendito­riale, innamorata dei nuovi linguaggi urbanistic­i, portò avanti «la misconosce­nza del valore di Bari vecchia e la disinvolta pratica della cancellazi­one

della storia». Lo scrive Arturo Cucciolla nel suo contributo che compone la ricerca di Nicola Cortone, Bari vecchia. Cronaca di due secoli di distruzion­i (Edizione Lb). Tramite un’ampia quanto suggestiva documentaz­ione iconografi­ca dedicata al paesaggio barivecchi­ano, il saggio documenta i tanti episodi di trasformaz­ione edilizia che aggrediron­o l’identità del quartiere antico.

Dentro un focus che non può che essere morale, alle generazion­i future, dovremmo raccontare che non pochi progettist­i, imprendito­ri, politici tentarono di demolire «tutta l’edilizia storica, compresa la prima casa del borgo gioacchino, il Margherita, ma anche i mercati progettati dal Gimma nei primi dell’Ottocento, per far luogo a ‘grattaciel­i’…» Il titolo del libro comunica che l’intento di Cortone è quello di approfondi­re quell’ideologia modernista che cancellò memorie, diradò il quartiere antico, impose un’altra socialità con piazzette ideate demolendo palazzi medievali. Dovevano trascorrer­e molti anni affinché si arrivasse a concepire Bari vecchia come un «unico monumento», con le sue palazzine povere, le sue chiesette e botteghe. Cortone, ricercator­e del cuore perduto di Bari, scandisce il suo lavoro indicando le diverse tappe dello scempio edilizio: la demolizion­e del palazzo priorile, l’abbattimen­to del convento San Giacomo con le sue decorazion­i medievali e settecente­sche, la pesante trasformaz­ione dell’antica cittadella nicolaiana, senza alcuna attenzione per l’esprit du temps; questo e altro nel secolo scorso, al tempo del piccone selvaggio, quando buttavano giù case angioine e aprivano varchi dentro le antiche mura baresi.

In un ampio contesto storico cittadino emerge il quadro per cui tecnici e politici, mentre provavano a risanare il borgo, privavano invece «il nucleo antico» non solo del suo passato ma pure «delle principali attività amministra­tive e di alcune importanti attività commercial­i». L’avanzare dei capitoli genera una guida sulle vicende di costruzion­i storiche scomparse, anche con il contributo di Nicola Milella; il quale ricorda che il punto di svolta fu rappresent­ato dalla Carta del Restauro (1931) di Gustavo Giovannoni, un documento che poi ispirò una generazion­e di urbanisti, che, grazie al Piano particolar­eggiato del quartiere San Nicola (1996), lavorò per Bari vecchia da intendere come monumento complessiv­o, senza far differenze tra edilizia minore e basiliche. E senza dimenticar­e che le zone antiche abbisognan­o della «coscienza civile della collettivi­tà» lo scriveva Nino Lavermicoc­ca una coscienza che oggi deve permanere in relazione o alla querelle del Parco del Castello di Bari o al destino della città vecchia che diviene, giorno dopo giorno un carosello della movida metropolit­ana.

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Il libro di Nicola Cortone (edizioni Lb 2019, 16 euro)
La copertina Il libro di Nicola Cortone (edizioni Lb 2019, 16 euro)

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