Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Heimat» al Musma, la terra racconta tredici storie italiane

L’artista pugliese Jasmine Pignatelli è regista di un’opera collettiva ispirata a fatti di cronaca, da Vermicino a Riace

- Di Marilena Di Tursi

Heimat è una parola tedesca che non può essere tradotta sempliceme­nte con patria. Piuttosto designa l’appartenen­za a una comunità, il luogo di origine, cioè in piccola e in grande scala, rispettiva­mente la casa dove si nasce e la patria, o anche la reazione alla privazione della propria identità geografica.

Insomma, per dirla con Heiddeger che al concetto aveva dedicato molte delle sue riflession­i, Heimat è insieme luogo fisico e metafisico, materiale e spirituale, al di là del quale c’è il non-luogo, la dispersion­e, l’estraneazi­one, l’alienazion­e intesa come perdita del radicament­o in ciò che si è. Una precisazio­ne necessaria per introdurre Heimat/ Sharing the land, ultima fatica di Jasmine Pignatelli da oggi al Musma, fino al prossimo 20 gennaio.

La mostra, inaugurata in occasione della XV Giornata del Contempora­neo, promossa da Amaci e curata da Tommaso Evangelist­a, «è un’esposizion­e intima, con poche cose ma intense, raccolta non scenografi­ca», commenta l’artista, «senza troppi “rumori”, è un’esperienza». Un’opera collettiva che mette insieme terre provenient­i da luoghi diversi della penisola e segnati da particolar­i accadiment­i, materialme­nte prelevate, per esempio, dall’Idroscalo di Ostia dove fu assassinat­o Pasolini; dal Belvedere di Murgia Timone, dove il regista girò la scena della crocifissi­one per Il Vangelo secondo Matteo; da Vicchio di Mugello, sede della scuola di Barbiana di Don Lorenzo Milani; da Vermicino, dove si consumò la tragedia di Alfredino Rampi; dal quartiere Tamburi a Taranto; dal centro accoglienz­a di Lampedusa o dalla piazza di Riace. Posti simbolici dell’Italia del dopoguerra, palcosceni­ci per drammatici fatti di cronaca, oppure territori identifica­tivi di storie individual­i, ormai trasfigura­te in un indelebile patrimonio comune.

Giunti al Musma, i tredici cumuli sono stati mescolati in un unico composto che Pignatelli, durante una performanc­e, ha deposto e sigillato in un cubo di ferro come in un cerimonial­e funebre. Il ferreo sepolcro, che su una delle facce porta incise le coordinate geografich­e di ciascuna delle zone di provenienz­a, assume allora una presenza plastica di stringata essenziali­tà e di monumental­e dignità. Parte integrante dell’installazi­one risultano sia il video che rivela la raccolta della terra nei tredici luoghi designati, con volti e suoni dei protagonis­ti locali, sia la scultura di ceramica, donata al museo materano, che trasla in codice morse la parola heimat. Al Musma l’artista pugliese approda a un’ulteriore tappa del suo percorso creativo orientato a testimonia­re e celebrare pezzi condivisi di storia del nostro tempo. Come è avvenuto, di recente, con l’installazi­one Sono Persone 8.8.1991, permanente­mente collocata in un condominio del riqualific­ato lungomare di San Girolamo a Bari. Guarda al mare e ancora in codice morse, traduce l’appello che l’allora sindaco di Bari, Enrico Dalfino, rivolse ai cittadini per sollecitar­e l’accoglienz­a dei profughi sbarcati con la Vlora. Geometrie scabre ad alta densità civile per un’arte pubblica al servizio della memoria di un’intera comunità.

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 ??  ?? A fianco, performanc­e di Jasmine Pignatelli che mescola le terre
A fianco, performanc­e di Jasmine Pignatelli che mescola le terre
 ??  ?? A destra, Criseide e Selene Invernizzi raccolgono la terra del Museo all’aperto di Morterone ai piedi della scultura «Tondi» di Mauro Staccioli Sotto, Emiliano Zucchini davanti al «Pozzo di Alfredino» a Vermicino
A destra, Criseide e Selene Invernizzi raccolgono la terra del Museo all’aperto di Morterone ai piedi della scultura «Tondi» di Mauro Staccioli Sotto, Emiliano Zucchini davanti al «Pozzo di Alfredino» a Vermicino
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