Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il dittico «sbagliato» del Petruzzelli
Troppo diverse le regie di Emma Dante e Mirabella. L’opera di Poulenc, un gioiello
Ovazioni per Anna Caterina Antonacci, applausi meno intensi ma calorosi per Michele Mirabella (che giocava in casa), e un gradimento più tiepido ma uniforme per gli altri. Bilancio di una prima lirica al Petruzzelli, quella del dittico La Voix humaine/ Cavalleria rusticana, che non ci ha convinto per niente. Ma andiamo con ordine.
Di solito, Cavalleria rusticana di Mascagni viene «maritata» con I Pagliacci di Leoncavallo; è il destino delle opere brevi, in un solo atto, che per «riempire» la serata di un cartellone lirico vengono accoppiate tra loro in modo da raggiungere una durata accettabile per il pubblico, visti gli alti prezzi dei biglietti e le consuetudini della lirica. Cavalleria - Pagliacci è un’accoppiata ormai entrata nel canone e nelle abitudini degli appassionati. Del tutto inusitata, invece, l’idea di mettere insieme la Cavalleria di Mascagni, tratta da un testo di Verga (1890), e La Voix humaine (1959) che Poulenc scrisse a partire dall’omonimo dramma dell’amico Cocteau, da cui Rossellini dieci anni prima - aveva realizzato una splendida trasposizione cinematografica con Anna Magnani.
Siamo in due mondi opposti: quello di Cocteau-Poulenc è un monologo della follia e dell’abbandono, protagonista assoluta una donna al telefono che parla con il suo amante che la sta lasciando. Siamo nell’Europa del Novecento, in una metropoli dove la solitudine sembra il destino naturale dei suoi abitanti sulla via del declino per ragioni d’età, di fragilità, di marginalizzazione sociale. Dall’altra parte siamo in una Sicilia di fine Ottocento, società contadina e arcaica dominata dalle leggi del sangue e dell’onore, dove la vicenda di Santuzza, Lena, Turiddu e Alfio si consuma sempre davanti a un pubblico, dove la presenza condizionante e «giudicante» della comunità sembra l’unica legge che conta. A queste forti differenze aggiungiamo una musica che più diversa non si può, tutta mezze tinte, elegante e raffinata quella di Poulenc, nella quale una sorta di recitar cantando si alterna al cantato vero e proprio in un continuo melodico senza impennate, senza arie, ma di grande efficacia teatrale; tonitruante e ricca di colori, fin troppo «rumorosa» e destinata a essere a sua volta sovrastata dagli acuti degli interpreti quella di Mascagni.
L’insolita accoppiata è stata proposta due anni fa dal Comunale di Bologna, per la regia (unica, di solito così si fa) di Emma Dante: una protagonista del teatro contemporaneo, tra l’altro siciliana, che ha voluto trovare un trait d’union tra le due opere nella figura femminile asservita, ingannata e offesa da una società sempre e comunque violentemente maschilista, oggi come un tempo. Ma Dante ha voluto mettere in scena in entrambi i casi una donna capace di farsi disperatamente padrona di se stessa, di determinare la propria vita: Santuzza che provoca la morte del suo amante fedifrago Turiddu, denunciandolo a compare Alfio, Elle (la protagonista della Voix humaine) che ribalta il finale di Cocteau ammazzando il suo amante traditore al posto di morire lei stessa. Le scene vuote e molto stilizzate, dominate dal bianco nel caso della Voix humaine e dal nero in quello di Cavalleria, rafforzano l’idea di una relazione dialettica tra le due «mezze mele» della proposta drammaturgica.
Il Petruzzelli ha voluto invece prendere solo metà di quell’allestimento della Dante, la metà «moderna», completando la proposta con una Cavalleria allestita da Michele Mirabella nel 2010 per la seconda stagione del Petruzzelli restituito alla città. Una Cavalleria tutta cartapesta barocca (tipo presepe napoletano), oleografica e coloratissima, troppo «piena» di coristi e figuranti nelle scene di massa e basata su una lettura molto tradizionale.
Risultato, un’operazione senza più alcun senso, vagamente schizofrenica. Nonostante il bell’esito musicale dell’opera di Poulenc, soprattutto, interpretata da una splendida e intensa Anna Caterina Antonacci, e comunque le buone prove dei cantanti tutti in Cavalleria (a cominciare dalla Santuzza di Carmen Topciu). Ottima la direzione di Renato Palumbo, che ha un po’ smussato l’eccessiva «violenza» di alcuni passaggi dell’opera di Mascagni, forse cercando di ridurre le troppe distanze dalla partitura di Poulenc. Il pubblico della prima (nel quale era presente anche Renzo Arbore, grande amico di Mirabella) ha gradito e applaudito comunque. Come direbbe Totò, «a prescindere». Si replica ogni sera fino a domenica.