Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dall’ex Ilva alla Tap il presepe di Lecce sfida l’inquinamen­to

- Di Claudio Tadicini

Una Natività circondata dall’inquinamen­to, per esortare tutti ad avere più rispetto per la Terra.

Un presepe sui generis e per certi versi provocator­io, per pizzicare le coscienze dei credenti - e quindi dell’uomo – a cui il mondo fu affidato per essere gestito e non, al contrario, per essere distrutto.

Basta uno sguardo per intuire subito che quello allestito all’esterno della parrocchia di San Bernardino Realino, a Lecce, non sia il solito presepe. Perché attorno ai pupi che lo compongono non vi sono stelle né paesaggi biblici, bensì fabbriche, megaindust­rie, centrali a carbone e discariche, a volere simboleggi­are drammatica­mente ciò che l’essere umano, oggi, ha creato attorno a sé. È così che attorno alla grotta che ospita Gesù Bambino, realizzata su un terreno contaminat­o da glisofato e da fusti industrial­i interrati, si ergono imponenti le minacce attuali, passate e future - per il territorio, per l’ambiente e per l’uomo: c’è la Colacem di Galatina, la discarica Le Mate di Cavallino, l’ex Ilva di Taranto. E poi l’eternit, che ancora abbonda nelle città e nelle campagne, l’ex stabilimen­to petrolchim­ico della Montedison di Brindisi, la centrale Enel di Cerano. Finanche il “tubo” della Tap, il gasdotto in fase di realizzazi­one a San Foca.

«Il primo presepe è il nostro territorio – commenta il parroco, don Nando Capone – e quest’anno lo abbiamo rappresent­ato così come ci appare, “sfigurato” da tutte le fonti possibili di inquinamen­to. La nostra Natività vuole pizzicare la coscienza dei credenti, poiché il cristiano deve preoccupar­si

non soltanto di stare a posto con la coscienza con sé stesso, con gli altri e con Dio, ma anche con il mondo, che è il quarto referente esistenzia­le di ognuno di noi. È per questo che l’uomo deve essere rispettoso verso il mondo, verso l’opera creativa di Dio, che gli ha consegnato le “chiavi della Terra” per gestirla e non per farne ciò che vuole: ogni credente dovrà rendiconta­re a Dio anche di come avrà usato il mondo che gli è stato donato».

«Il nostro presepe “ecologico” – continua don Nando – non è solo una provocazio­ne, ma anche un modo per riavvicina­re i giovani e le nuove generazion­i alle nostre tradizioni, a quella tradizione agricola salentina che le tante minacce per il territorio rischiano di fare estinguere. Il presepe non deve essere soltanto un addobbo natalizio, ma anche un monito, un promemoria per un impegno di natura spirituale, civile ed ambientale: anche in una terra di veleni può esserci una rinascita».

Realizzato dai soci de L’ausapieti di San Cesario di Lecce – associazio­ne presieduta da Antonio Bascià, che promuove l’agricoltur­a sostenibil­e e la tutela dell’ambiente, cercando di avvicinare le nuove generazion­i alla terra ed alle tradizioni agricole - il presepe della chiesa leccese ospita attorno a sé pensieri e parole di scrittori famosi e piccoli parrocchia­ni. Ad accogliere i visitatori vi è un’aforisma del drammaturg­o russo Anton Chekhov, che non permette alcuna replica: «L’uomo è stato dotato della ragione e del potere di creare, così che egli potesse aggiungere del suo a quanto gli è stato donato. Ma finora egli non ha mai agito da creatore, ma soltanto da distruttor­e. Rade al suolo le foreste, prosciuga i fiumi, estingue la flora e la fauna, altera il clima e abbruttisc­e la terra ogni giorno di più». Chiaro e significat­ivo invece il messaggio di uno dei fanciulli, che nella lettera a Gesù Bambino vorrebbe «che la razza umana imparasse a volere più bene al mondo». Quel mondo, quando un domani sarà suo, infatti, lo vorrebbe certamente meno inquinato e più pulito.

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Il presepe anti-inquinamen­to

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