Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Dall’ex Ilva alla Tap il presepe di Lecce sfida l’inquinamento
Una Natività circondata dall’inquinamento, per esortare tutti ad avere più rispetto per la Terra.
Un presepe sui generis e per certi versi provocatorio, per pizzicare le coscienze dei credenti - e quindi dell’uomo – a cui il mondo fu affidato per essere gestito e non, al contrario, per essere distrutto.
Basta uno sguardo per intuire subito che quello allestito all’esterno della parrocchia di San Bernardino Realino, a Lecce, non sia il solito presepe. Perché attorno ai pupi che lo compongono non vi sono stelle né paesaggi biblici, bensì fabbriche, megaindustrie, centrali a carbone e discariche, a volere simboleggiare drammaticamente ciò che l’essere umano, oggi, ha creato attorno a sé. È così che attorno alla grotta che ospita Gesù Bambino, realizzata su un terreno contaminato da glisofato e da fusti industriali interrati, si ergono imponenti le minacce attuali, passate e future - per il territorio, per l’ambiente e per l’uomo: c’è la Colacem di Galatina, la discarica Le Mate di Cavallino, l’ex Ilva di Taranto. E poi l’eternit, che ancora abbonda nelle città e nelle campagne, l’ex stabilimento petrolchimico della Montedison di Brindisi, la centrale Enel di Cerano. Finanche il “tubo” della Tap, il gasdotto in fase di realizzazione a San Foca.
«Il primo presepe è il nostro territorio – commenta il parroco, don Nando Capone – e quest’anno lo abbiamo rappresentato così come ci appare, “sfigurato” da tutte le fonti possibili di inquinamento. La nostra Natività vuole pizzicare la coscienza dei credenti, poiché il cristiano deve preoccuparsi
non soltanto di stare a posto con la coscienza con sé stesso, con gli altri e con Dio, ma anche con il mondo, che è il quarto referente esistenziale di ognuno di noi. È per questo che l’uomo deve essere rispettoso verso il mondo, verso l’opera creativa di Dio, che gli ha consegnato le “chiavi della Terra” per gestirla e non per farne ciò che vuole: ogni credente dovrà rendicontare a Dio anche di come avrà usato il mondo che gli è stato donato».
«Il nostro presepe “ecologico” – continua don Nando – non è solo una provocazione, ma anche un modo per riavvicinare i giovani e le nuove generazioni alle nostre tradizioni, a quella tradizione agricola salentina che le tante minacce per il territorio rischiano di fare estinguere. Il presepe non deve essere soltanto un addobbo natalizio, ma anche un monito, un promemoria per un impegno di natura spirituale, civile ed ambientale: anche in una terra di veleni può esserci una rinascita».
Realizzato dai soci de L’ausapieti di San Cesario di Lecce – associazione presieduta da Antonio Bascià, che promuove l’agricoltura sostenibile e la tutela dell’ambiente, cercando di avvicinare le nuove generazioni alla terra ed alle tradizioni agricole - il presepe della chiesa leccese ospita attorno a sé pensieri e parole di scrittori famosi e piccoli parrocchiani. Ad accogliere i visitatori vi è un’aforisma del drammaturgo russo Anton Chekhov, che non permette alcuna replica: «L’uomo è stato dotato della ragione e del potere di creare, così che egli potesse aggiungere del suo a quanto gli è stato donato. Ma finora egli non ha mai agito da creatore, ma soltanto da distruttore. Rade al suolo le foreste, prosciuga i fiumi, estingue la flora e la fauna, altera il clima e abbruttisce la terra ogni giorno di più». Chiaro e significativo invece il messaggio di uno dei fanciulli, che nella lettera a Gesù Bambino vorrebbe «che la razza umana imparasse a volere più bene al mondo». Quel mondo, quando un domani sarà suo, infatti, lo vorrebbe certamente meno inquinato e più pulito.