Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’eterna attesa del Duni Tre anni per acquistarlo e ancora nessun lavoro
Il teatro costato oltre 2,5 milioni È chiuso per l’ennesimo ricorso A fine mese l’udienza decisiva
Le carte bollate che MATERA avevano impedito negli anni che il teatro Duni venisse messo in vendita sono le stesse che oggi tengono ferma la sua ristrutturazione, anche dopo l’acquisto per quasi 2 milioni e mezzo da parte del Comune. La burocrazia che come ama spesso ricordare il sindaco Raffaello de Ruggieri lascia sfiniti già alla partenza e non all’arrivo, detta oggi i tempi di una operazione che ha superato anche l’anno d’oro di Matera, quello da capitale europea della cultura.
Con un contenitore come il Duni, struttura di rilievo architettonico significativo firmata da Ettore Stella e con una capienza di 1.200 posti, probabilmente l’offerta della città avrebbe potuto essere molto più ampia e il tema dei contenitori culturali avrebbe potuto essere sviluppato in modo differente. L’operazione tanto cara al sindaco, invece, si è arenata più volte tanto da far emergere il dubbio anche negli ambienti dell’amministrazione comunale, che passato il 2019 le necessità di affannarsi in un acquisto, nella ristrutturazione dell’immobile e nell’individuazione di un gestore, fosse un gioco che non valeva più la candela. L’ostinazione, però, non fa difetto al primo cittadino e così, nonostante un ricorso presentato dalla Navona srl di Giovanni Carnovale, il Duni è stato comprato all’asta per 2 milioni e 499 mila euro, il 28 novembre scorso. «Abbiamo evitato che un bene culturale di valore inestimabile per la città - disse soddisfatto all’epoca de Ruggieri - subisse un destino non consono alla sua importanza». Invece due mesi dopo, tutto è ancora fermo e il Comune non ha ancora proceduto ad alcun atto o bando per l’assegnazione dei lavori di riqualificazione per i quali la Regione attraverso fondi Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) aveva assegnato a Matera 4,5 milioni di euro per il recupero dell’edificio nel cuore del centro storico.
A lasciare il Duni ancora a porte chiuse, per ora, ci ha pensato ancora una volta Giovanni Carnovale che in seguito alla vendita ha presentato un ulteriore ricorso al tribunale di Matera ma questa volta per le modalità di assegnazione, rallentando ulteriormente i passaggi per giungere all’assegnazione definitiva al Comune da parte del Tribunale. Bisognerà infatti attendere innanzitutto l’udienza di mercoledì 29 gennaio nella quale si deciderà se accogliere o meno questa ulteriore eccezione. In caso di rigetto, il Tribunale procederà a comunicare al Ministero per i Beni culturali che, per prassi ha diritto di prelazione, l’avvenuta assegnazione del teatro dopo l’asta del 28 novembre. Se, entro 30 giorni, dal ministero non giungeranno ulteriori comunicazioni, il definitivo cambio della proprietà di potrà dire completato. In termini concreti, la vicenda potrebbe rimanere aperta almeno fino alla metà di marzo, con il rischio concreto che il bando per i lavori di recupero del Duni diventi il cerino nelle mani della prossima amministrazione (le elezioni comunali si terranno infatti nella prossima primavera, ndr.). Situato nel cuore del centro cittadino, a pochi passi dalla centralissima piazza Vittorio Veneto, e già sede di concerti e spettacoli teatrali di grande prestigio nel recente passato, il teatro Duni rappresenta uno dei patrimoni della città grazie soprattutto al suo autore, l’architetto Ettore Stella, e alla straordinaria storia che ha portato alla sua costruzione. Stella, infatti, lo costruì in una posizione in cui, inizialmente, non avrebbe dovuto essere, secondo quanto previsto dal piano regolatore del 1935 di Vincenzo Corazza, che invece aveva destinato quell’area a fini residenziali. Dopo la guerra nell’estate del 1946, però, Ettore Stella di ritorno in città dove nel frattempo aveva allestito una mostra per denunciare le gravi condizioni abitative dei Sassi, incontrò i due proprietari dell’edificio l’avvocato Domenico Latronico e il tipografo Giovanni Conte e con loro decise che quella struttura sarebbe diventata un teatro. La modernità di quel progetto, in una fase storica in cui la città viveva ancora la sua profonda miseria davanti al resto d’Italia che la conobbe così come la vergogna nazionale, è diventata al tempo stesso il primo grande esempio di architettura in città e una delle più straordinarie opere architettoniche d’Italia, riportata ancora oggi in tesi di laurea e testi di riferimento. Un bene che non può rimanere ancora nascosto dalle carte bollate.