Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Appalti truccati in Marina Dodici arresti a Taranto
Un cartello truccava gli appalti: in 12 ai domiciliari. Tra il 2013 e il 2017 ci fu il caso forniture
Una nuova inchiesta della Procura scuote la Marina militare di Taranto. Per una serie di appalti truccati sono state arrestate dodici persone. Fra queste anche il direttore dell’Arsenale, il contrammiraglio Cristiano Nervi, un altro ufficiale, un paio di dipendenti civili della stessa Marina e alcuni imprenditori. Già in passato, fra il 2013 e il 2017, la Marina a Taranto era stata travolta da un’altra inchiesta su un giro di forniture illecite.
Un gruppo di affari che «con la connivenza di un ufficiale della Marina Militare in servizio presso l’arsenale di Taranto è riuscito ad aggiudicarsi nei mesi da ottobre a dicembre 2018 quindici appalti per un totale di 4,8 milioni di euro». Lo scrivono i magistrati tarantini negli atti di inchiesta che ieri ha portato all’arresto di 12 persone accusate a vario titolo, di associazione per delinquere, turbativa d’asta, corruzione e furto aggravato. Ai domiciliari sono finiti due ufficiali della Marina, il contrammiraglio direttore dell’Arsenale militare Cristiano Nervi, 56 anni e Antonio Di Molfetta, 50 anni, addetto al Servizio efficienza navi della Stazione navale. I due dipendenti civili della Marina sono Abele D’Onofrio di 60 e Federico Porraro, 61. Gli imprenditori sono invece Alessandro Di Persio, 44, Angelo Raffaele Ruggiero, 66, Nicola Pletto, 47, Giona Guardascione, 62, Fabio Greco, 44, Giovanni Pletto, 45, Giacinto Pernisco, 43 e Armando De Comite di 79, (indicato come il promotore) considerati amministratori di fatto o di diritto delle società coinvolte. Gli 8 imprenditori si sarebbero assicurati illeciti profitti per oltre 14 milioni e mezzo di euro.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone, hanno riguardato l’aggiudicazione degli appalti relativi ai lavori di ammodernamento e riparazione di unità navali in dotazione alla Marina militare di Taranto e avrebbero svelato l’esistenza di una associazione a delinquere, composta da imprenditori tarantini «in grado di pilotare a proprio favore le aggiudicazioni degli appalti banditi dall’Arsenale e dalla stazione navale della Marina Militare di Taranto». A fare da tramite sarebbe stato l’ufficiale della Marina militare che «veniva informato, puntualmentespiegano gli investigatorisia dei nominativi delle imprese partecipanti alle varie gare, nonché del nome del vincitore concordato».
È emerso ancora che la ripartizione degli appalti «è stata effettuata scientificamente in modo tale che il totale degli importi relativi alle gare venisse equamente diviso fra gli associati che giungevano a tali accordi nell’ambito di incontri che si tenevano in luoghi da loro ritenuti sicuri». Durante quegli incontri i telefoni cellulari - è stato accertato dalla guardia di finanza- venivano spenti o lasciati lontano dai locali in cui avvenivano i colloqui e si prendevano accordi». Gli inquirenti, in particolare, hanno scoperto che per una gara di circa tre milioni di euro, relativi ai lavori di ammodernamento della flotta, c’è stato un frazionamento «artificioso» degli appalti originari in 11 gare». Tutto ciò per garantireipotizza la procura- ad ogni società gestita dagli imprenditori, di aggiudicarsi una porzione dei lavori e di conseguire un maggior guadagno. Il «gruppo di affari» sarebbe stato favorito dal dipendente civile dell’Arsenale, in servizio presso l’ufficio amministrativo, il quale «a fronte di una tangente comunicava il dettaglio dei bandi di gara in anticipo rispetto alla data di pubblicazione consentendo agli stessi di avere un ampio margine di tempo per accordarsi». Aggiungono ancora i magistrati che il «disegno criminoso ha trovato un’altra modalità realizzativa attraverso la corruzione» dell’ufficiale addetto al Servizio efficienza navi il quale «per far ottenere agli imprenditori l’affidamento di lavori necessari alla stazione navale della Marina Militare di Taranto, ha richiesto e ottenuto in cambio di utilità» come elettrodomestici, mobili, lavori di ristrutturazione di una casa di sua proprietà o addirittura qualche scatola di caffè in cialde.
Altre inchieste della procura tarantina tra il 2013 e il 2017 avevano portato all’arresto di ufficiali, sottufficiali, dipendenti civili e imprenditori per tangenti legate a forniture e servizi affidati dal Commissariato della Marina militare.