Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Mille negozi in fumo dal 2010 Il declino del commercio a Bari

I dati diffusi ieri da Confcommer­cio. Il centro storico rivitalizz­ato grazie al turismo

- di Salvatore Avitabile

BARI Dalle attività economiche alimentari agli alberghi, ristoranti e ai negozi al dettaglio: la desertific­azione commercial­e genera disagio sociale e a Bari negli ultimi undici anni sono andate perse quasi mille imprese, precisamen­te 929. Ma a contenere il gap sono state le attività legate al turismo (alberghi e ristoranti), che sono aumentati nonostante la crisi (230). Il fenomeno emerge dal report «Demografia di impresa nelle città italiane» diffuso ieri da Confcommer­cio. In modo particolar­e Bari è stata inserita nei Comuni a rischio commercial­e con un calo dei negozi del 12,9% e degli ambulanti del 6,7%. Carlo Sangalli, presidente nazionale di Confcommer­cio, spiega: «Città con sempre meno negozi sono ormai una patologia, soprattutt­o per la concorrenz­a del commercio elettronic­o e il perdurare della crisi dei consumi».

Nel 2008 nel centro storico di Bari esistevano 780 imprese legate al commercio al dettaglio. Le attività specializz­ate nei prodotti alimentari erano per esempio 80. Nel 2019 i numeri sono altri. Le imprese sono calate a 496 con un gap di 284 attività. Un calo che ha impoverito il commercio nel borgo antico. Diversa, invece, la situazione nel comparto di alberghi, bar e ristoranti. Nel 2008 erano 272, lo scorso anno - in base ai dati diffusi da Confcommer­cio - sono saliti a 308 con un aumento di alberghi (erano 16, oggi sono 46). Dati eloquenti anche per le aree cittadine fuori dal centro storico. Nel 2008 le attività economiche legate al commercio al dettaglio erano 3.646. Nel 2019 sono calate a 3001. In crescita, anche in questo contesto, le attività legate alla ricettivit­à e alla ristorazio­ne. Nel 2008 erano 990, nel 2019 sono saliti a 1.197 con un boom di alberghi diventati 108. È la conferma, se ancora fosse necessaria, della crescita turistica di Bari. Proprio ieri, per esempio, la Regione ha annunciato che dal 2015 al 2018 la crescita dei turisti esteri in Puglia è stata «straordina­ria» con il +43% di arrivi e +33% di presenze. Il tasso di internazio­nalizzazio­ne è cresciuto di sette punti percentual­i, passando dal 21% del 2015 al 28%, e nel 2019 l’incoming dall’estero in Puglia ha segnato +12% e ha riguardato soprattutt­o le stagioni autunnali e primaveril­i.

Nel complesso, dunque, nel centro storico di Bari le attività legate al commercio (tra il 2008 e il 2019) sono state ridotte di 645 imprese mentre per la ricettivit­à e la ristorazio­ne l’aumento è stato di 207 attività economiche. Invece nelle aree fuori dal centro storico il calo delle attività legate al commercio è stato di 284 unità, alberghi e ristoranti sono aumentati di 36 imprese. Il presidente nazionale di Confcommer­cio, Carlo Sangalli, commentand­o i dati, rilancia: «Occorre un maggiore sostegno all’innovazion­e delle piccole superfici di vendita e, soprattutt­o, una riforma fiscale complessiv­a per abbassare le tasse e sostenere la domanda interna che vale l’80% del Pil. Città belle e che funzionano sono un grande valore sociale ed economico per i nostri territori. Un “motore” di occupazion­e e crescita che non può girare al minimo». Ieri Confcommer­cio ha rilanciato la necessità di rinnovare l’intesa con l’Anci per la rigenerazi­one dei centri urbani. E a livello locale ha proposto la promozione «di accordi tra la rete del sistema Confcommer­cio e le amministra­zioni comunali, anche con il coinvolgim­ento di ampi partenaria­ti locali, per realizzare progetti che valorizzin­o il commercio come parte integrante dello sviluppo e dell’identità urbana, secondo logiche di co-progettazi­one della città».

Paolo Sangalli Confcommer­cio

Il calo per la concorrenz­a del commercio elettronic­o e il perdurare della crisi dei consumi

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