Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Danilo Caputo a Berlino con il film sull’Ilva di Taranto «Un atto di ribellione»
Il film di Danilo Caputo presentato ieri alla Berlinale. «È una storia di ribellione»
Danilo Caputo è un regista di 36 anni. Radici e tronco a Carosino, seimila abitanti in provincia di Taranto, rami e foglie sparsi dagli Stati Uniti alla Francia, dalla Germania a Napoli. Caputo ha presentato ieri al Festival del cinema di Berlino Semina il vento, il suo secondo lungometraggio. Il film, prodotto per l’Italia da Okta Film con Rai Cinema e con il contributo di Regione Puglia e Apulia Film Commission, è stato scelto per la sezione Panorama, quella dedicata ai film d’autore e alle pellicole indipendenti. Semina il vento, girato all’ombra dell’Ilva e degli ulivi colpiti dalla xylella, racconta l’amore di Nica per la natura e lo scontro fra la ragazza e chi crede ancora ad un progresso industriale che ha disatteso le sue promesse.
Come è nata l’idea?
«Dal tentativo di dare un senso a tutta una serie di fatti. A partire da quel referendum consultivo del 2013 sulla chiusura dell’Ilva a cui partecipò solo una persona su 5, la spazzatura nei campi, il degrado, l’inquinamento e la questione della xylella. Ho provato a mettere insieme tutte queste cose e a non guardarli come fatti isolati, ma a cercare un filo comune».
L’ha trovato?
«Mi è sembrato che il filo comune fosse l’inquinamento mentale, una sorta di rassegnazione cronica che è nata dalla nostra dipendenza dalla fabbrica, dall’esserci affidati anima e corpo a questa industrializzazione che adesso ci ha delusi. C’è una forma di autolesionismo per il quale siamo disposti a tutto, ad avvelenarci, ad avvelenare la nostra terra, ad accettare qualsiasi condizione».
C’è una frase pronunciata da Nica, la protagonista del suo film, “I tarantini preferiscono morire di cancro che di fame”.
«Ma Nica dice anche un’altra frase, “come se non ci fosse altra scelta”. Il senso ultimo del film è che c’è un’altra scelta, c’è un’alternativa. Però è un’alternativa che dobbiamo costruire noi. E Nica prova a costruirla partendo dal passato, dalla saggezza contadina della nonna. Mettendo insieme scienza e tradizione prova a costruirsi un percorso diverso che è il simbolo di una alternativa che dobbiamo coBisogna struire tutti insieme»
E come si fa?
«Con un confronto che può essere doloroso. La storia di Nica parla di questo. Parla di una ragazza che si ribella al padre pur di cambiare le cose. avere il coraggio di cambiare».
Vivendo fuori, che Puglia vede?
«Non vedo una Puglia da cartolina. La cosa che ho sempre notato, e che mi ha impedito di restare, è la rassegnazione. La cosa che impedisce a questa terra di crescere è questa accettazione passiva delle cose. Questo non credere che si può cambiare».
Nel 2014 ha girato La mezza stagione, poi questo Semina il vento. Come è arrivato a Berlino?
«Un percorso lungo. Tutto è cominciato in Francia dove sono rimasto per quattro anni».
È vero che ha fatto il postino?
«Sì, un contratto a termine di sei mesi»
Che vita avrà il suo film?
«Il 27 marzo sarà proiettato al Bif&st di Bari. Poi uscirà nelle sale italiane con I Wonder Pictures. Sono contento, condividere il mio lavoro con un vero pubblico è il piacere più grande».
Il senso ultimo del film è che c’è un’altra scelta, c’è un’alternativa. Però è un’alternativa che dobbiamo costruire noi