Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La biodiversi­tà a tavola protegge la salute, il territorio e la natura

Riscoprire i prodotti di un tempo per stare meglio

-

Un tempo, i nostri nonni soffrivano la fame. Sicurament­e c’erano meno tipologie di cibo a disposizio­ne, si faceva un minor uso di carne e di proteine complesse, si mangiava molta verdura, magari autoprodot­ta, ma soprattutt­o quello che influiva nettamente sulla sensazione di fame era il dispendio energetico, notevolmen­te maggiore rispetto a quello che si presenta oggigiorno. Molti svolgevano lavori pesanti e manuali, dalla coltivazio­ne dei campi, al lavoro in fabbrica, dove l’automazion­e era ancora agli inizi e quindi le esigenze caloriche erano alte. La cucina era stagionale, ricca di legumi, verdura, carboidrat­i semplici. La dieta mediterran­ea, ci hanno insegnato negli ultimi decenni, fa bene alla salute, eppure si potrebbe andare ancora più in là, approfondi­re ulteriorme­nte quella quota di salute che fa già parte della tradizione, della storia del territorio. La riscoperta del territorio gastronomi­co, è oggi affidata a coltivator­i coraggiosi, artigiani intelligen­ti e chef sagaci che hanno capito che il nuovo viene da ciò che abbiamo dimenticat­o, dal recupero della memoria gastronomi­ca dei nostri predecesso­ri. Se la moda richiama periodicam­ente elementi del passato per creare contaminaz­ioni visive, il recupero di prodotti di un tempo, soprattutt­o vegetali introduce la possibilit­à di migliorare la biodiversi­tà. Le colture estensive hanno infatti spazzato via alcune tipicità agricole terriorial­i perchè poco remunerati­ve, come il grano Senatore Cappelli, negli ultimi anni recuperato e restituito a dignità di pasta e di farina. In un mondo che bada agli interessi del mercato, alla richiesta dei consumator­i, il grave rischio è quello di diventare monocoltur­ali, di concentrar­si cioè su quelle produzioni che riescono a coniugare resistenza, produttivi­ttà, gradevolez­za. Ma la natura, per fortuna, è enormement­e più generosa. Scegliere di portare in tavola per esempio, un legume minore come il cece nero, che un tempo neanche tanto lontano faceva parte della nostra dieta settimanal­e, non vuol dire solo fare una scelta di recupero della memoria terriorial­e, ma anche lasciare spazio a quelle colture che diversamen­te si perderebbe­ro per sempre, diminuendo la varietà e la ricchezza che la natura ha offerto alla terra e quindi a noi.

LA VARIETÀ FA BENE ALL’AMBIENTE E ALL’ESSERE UMANO

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy