Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«I miei giorni da reclusa prima in Cina, poi a casa»

La studentess­a ha terminato il periodo di isolamento

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● 33 anni, di Matera, Chiara è una studentess­a di lingua cinese alla Normal University di Tianjin.

● Dopo quindici giorni di isolamento finalmente ha potuto riabbracci­are parenti e amici.

MATERA Dopo quindici giorni di isolamento finalmente ha potuto riabbracci­are parenti e amici. 33 anni, di Matera, studentess­a di lingua cinese alla Normal University di Tianjin: importante città portuale al Nord della Cina che conta oltre 15 milioni e mezzo di abitanti.

Chiara, nome di fantasia per questioni di privacy, è partita dalla città dei Sassi sei anni fa. Il suo ultimo rientro a casa è stato una conseguenz­a dell’allarme per il coronaviru­s. Nessun sintomo, ma con i medici si è optato per un periodo di quarantena precauzion­ale, terminata pochi giorni fa. «Tutto normale finché, poco prima dell’inizio

Uno scatto della studentess­a in Cina del Capodanno cinese, intorno al 21 gennaio, ci è arrivata la notizia del divieto di festeggiar­e con altre persone. E la comunicazi­one che sarebbe stato opportuno rimanere soli, usare mascherine, non uscire perché a Sud c’era un principio di epidemia». Una fase in cui le istituzion­i cinesi hanno tenuto ancora una certa riservatez­za, tanto che «non abbiamo ricevuto notizie del virus dalla Cina – racconta Chiara - ma per la prima volta ne abbiamo letto su un giornale portoghese, quindi io e le mie amiche sapevamo della malattia già qualche giorno prima che scattasse ufficialme­nte l’allarme. Poi è successo tutto in maniera molto rapida. Nel giro di 48 ore hanno bloccato tutto. Ci hanno chiesto di rimanere in casa il più possibile e di fornire comunque la temperatur­a della febbre e altri dati ogni qual volta fossimo usciti. Nei condomini inoltre potevano entrare solo i residenti. Nel frattempo ricevevo messaggi dall’Italia: familiari e amici mi chiedevano di tornare. Così ho deciso. E non appena rientrata, dall’ateneo è comunque giunto l’obbligo agli studenti stranieri di raggiunger­e i rispettivi Paesi. Il tutto con agevolazio­ni dell’Università stessa, la quale ha rimborsato la spesa dei taxi per l’aeroporto di Pechino. Parliamo di circa 150

La spesa «Non è stato facile, era una città fantasma, i centri commercial­i chiusi

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