Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’avvocato dei poveri cristi

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Ancora un avvocato nel cinema americano. Ma questo di Cattive acque, interpreta­to da un grande Mark Ruffalo, non è un avvocato penalista. Non è quindi «figo», né carismatic­o. E’ un travet della profession­e, un civilista stazzonato e sovrappeso che, quasi suo malgrado, si trova ad assistere poveri cristi che una grossissim­a azienda chimica ha avvelenato inquinando terra e acqua ( Cattive acque, appunto).

Niente di nuovo, per carità. Già qui da noi abbiamo i casi della Fibronit e dell’Ilva. L’avidità del profitto a scapito della salute. Anche qui, sia pure accennato, il conflitto salute-lavoro. E un’opinione pubblica inizialmen­te diffidente.

Una storia giudiziari­a lunga e tortuosa come sono lunghe e tortuose queste storie. Delusioni, difficoltà economiche e familiari, scetticism­o e larvata ostilità dei colleghi di studio (tranne il capo che ha un sussulto di orgoglio e dignità, anche profession­ale, nell’affiancarl­o nella lotta). Rischi e minacce, danni alla salute, non fermano l’avvocato che si è imbarcato in una impresa più grande di lui, ma vuole portarla a termine.

Un avvocato senza enfasi, né retorica, dominato da un’ossessione, che fa un «lavoro da mediano». Uno dei tanti che esercitano la profession­e «avendo un foruncolo sul sedere che non li fa mettere tranquilli su una sedia» ( Il dolce domani, libro di R. Banks, film di A. Egoyan). Che riesce a coniugare la necessità di portare il pane a casa, con la tutela dei diritti dei poveri, degli ultimi, dei senza tutela.

Il tutto in un paesaggio americano suburbano (Ohio, West Virginia) sempre grigio e piovoso. Torbidi ed inquinati i corsi d’acqua, devastazio­ni del paesaggio, malformazi­one di animali ed esseri umani. Risultato finale sono milioni di dollari di risarcimen­ti, ma i colpevoli, i pesci grossi, probabilme­nte, come (quasi) sempre, la fanno franca.

Una storia dolente e vera. Con un lieto fine solo apparente.

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