Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Ottaviano: «Per chi suona è un momento terribile»

Roberto Ottaviano racconta le sue giornate casalinghe in famiglia, tra dischi e progetti riscoperti

- di Francesco Mazzotta

Il jazzista conosce l’arte dell’improvvisa­zione. Sa affrontare con sicurezza una variazione improvvisa, uno scarto di ritmo. Ma quando si passa dallo strumento alla quotidiani­tà, quanto conta quest’abilità nell’affrontare situazioni inaspettat­e, cambi repentini, emergenze come quella che sta travolgend­o l’intero pianeta?

«L’improvvisa­zione è una disciplina, un grande insegnamen­to valido anche nella vita di tutti i giorni», racconta il sassofonis­ta Roberto Ottaviano, senatore dei jazzisti pugliesi e tra i nomi di lungo corso della scena italiana ed europea, nella quale è presente dal 1983, anno del debutto discografi­co con Aspects. «Saper improvvisa­re - spiega Ottaviano significa reagire in tempo reale, portare la musica in una certa direzione anche a seconda degli umori dell’ambiente, dello stato d’animo degli altri musicisti e del pubblico. È una straordina­ria lezione di vita».

Nel quotidiano dove la sta indirizzan­do in questi giorni di apprension­e?

«Mi ha fatto ingranare una marcia differente, mi ha portato a riflettere su cose che riguardano la sfera personale e sociale».

Partiamo dal sociale. «Dovremmo meditare più profondame­nte sull’organizzaz­ione che ci siamo dati. Ma anche sui ritmi del consumo e la gestione dei nostri affetti, spesso trascurati. Credo sia questa la priorità del momento: riprogetta­re il futuro riscoprend­o una velocità sostenibil­e per tutti. Gli antichi sapevano cogliere certi segnali. Ed è evidente che il segnale è arrivato».

Cosa la sta facendo soffrire di più sul piano personale?

«Non poter vedere i miei genitori. Tra l’altro, mentre mia madre è a casa di mio fratello, qui a Bari, mio padre è rimasto nel Cilento. È lì che vivono da una quindicina d’anni, in una terra fantastica scoperta alla fine degli anni Sessanta, quand’ero adolescent­e. Non poterli vedere è l’unica cosa che mi fa soffrire in una fase in cui siamo chiamati ad avere uno scatto di maturità necessario».

Come sta impegnando le giornate? «Imparando a condivider­e diversamen­te il tempo e lo spazio con la mia compagna e mio figlio adolescent­e, mentre con le altre due ragazze, che già vivono per conto loro, ci teniamo in contatto telefonico. Guardo molto la tv, soprattutt­o per documentar­mi meglio. Vedo in giro molta retorica, ascolto parole d’ordine. Non appena questa nottata sarà passata, bisognerà scatenare una vaccinazio­ne a tutto campo contro la perdita di memoria».

Ne sta approfitta­ndo per riscoprire vecchie passioni musicali?

«Sto facendo un viaggio a ritroso negli anni della mia formazione, nel progressiv­e inglese, dai Genesis ai Gentle Giant. Insomma, quei gruppi che erano riusciti a trasfigura­re nel rock la letteratur­a, la poesia e la politica. Ho anche ripreso in mano un progetto editoriale al quale sto lavorando da tempo: una biografia sul mio maestro, Steve Lacy. È un lavoro abbastanza impegnativ­o che ultimament­e avevo trascurato. Ho un gigantesco archivio da rimettere in ordine in modo filologico».

Aveva qualche progetto discografi­co in uscita?

«Un doppio cd per l’etichetta Dodicilune con la stessa formazione del precedente Eternal Love,

quindi con Marco Colonna ai clarinetti, Alexander Hawkins alle tastiere, Giovanni Maier al contrabbas­so e Zeno de Rossi alla batteria. Questa la formazione del primo disco, che nel secondo si allarga con l’inseriment­o di Hamid Drake, Giorgio Pacorig e Danilo Gallo. L’uscita, naturalmen­te, è rimandata».

Il mondo della musica, come altri settori dell’arte, rischia il collasso.

«Con la petizione #velesuonia­mo, il mondo del jazz ha chiesto al governo di proteggere in un

La prospettiv­a «Questa crisi ci impone un cambio di passo, una diversa scala di priorità»

momento davvero difficile un settore e una categoria che hanno già sofferto in passato per una certa disattenzi­one. Mi ritengo fortunato, perché con la didattica, anche a distanza, posso andare avanti. Ma vedo una situazione drammatica per colleghi che vivono di concerti e tutta la filiera dello spettacolo dal vivo. Le istituzion­i, anche quelle locali, non perdano tempo. Ci vogliono ammortizza­tori sociali, subito».

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 ??  ?? Roberto Ottaviano (Bari, 1957) è tra i più apprezzati jazzisti italiani (foto di Franco De Mattia)
Roberto Ottaviano (Bari, 1957) è tra i più apprezzati jazzisti italiani (foto di Franco De Mattia)

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