Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il virus non frena gli abusivi E con lo stop ai cementific­i a Matera torna il caos rifiuti

Studio della Cgia che chiede più controlli in Puglia In regione sono quasi 300 mila gli addetti irregolari Il valore aggiunto generato arriva a cinque miliardi

- di Salvatore Avitabile e Fabio Postiglion­e

BARI Dagli idraulici alle estetiste e parrucchie­ri: un esercito di lavoratori, soprattutt­o artigiani, che evadono il fisco. Lavoratori che, in questo periodo di controlli per fronteggia­re l’epidemia del covid-19, la starebbero facendo franca, complici anche quei cittadini che, incuranti delle misure restrittiv­e e delle sanzioni, ugualmente farebbero ricorso a queste figure che gravitano nel sommerso. O almeno così denuncia la Cgia di Mestre. «Molte attività artigiane chiuse (o quasi) sono in questi giorni nel “mirino” degli abusivi. Attività ispettive – dice il coordinato­re dell’ufficio studi Paolo Zabeo – più che giustifica­te, ci mancherebb­e. Tuttavia, poco o nulla si continua a fare contro l’abusivismo e il lavoro nero. È vero che in questi giorni una parte degli oltre 3 milioni di lavoratori irregolari presenti nel nostro Paese è rimasta a casa».

Che poi aggiunge: «Ma è altrettant­o sicuro che molti altri hanno continuato imperterri­ti a lavorare abusivamen­te presso le abitazioni dei privati, approfitta­ndo della chiusura totale imposta agli acconciato­ri, alle estetiste e alla difficoltà da parte dei cittadini di reperire tanti artigiani che sono disponibil­i solo per le urgenze, ma non per gli interventi ordinari. È il caso degli edili, dei dipintori, dei fabbri, degli idraulici, degli elettricis­ti e dei manutentor­i di caldaie che in questi giorni stanno subendo una concorrenz­a sleale molto aggressiva da parte di coloro che esercitano».

L’economia sommersa incide molto sul Pil nazionale. E la Puglia, secondo il report della Cgia di Mestre che ha elaborato dati Istat, è una delle regioni italiane più interessat­e al fenomeno. Infatti nella classifica nazionale la Puglia è al quarto posto con quasi 230 mila addetti che lavorano in nero. Il tasso di irregolari­tà si attesta al 16,6 per cento menta tre il valore aggiunto generato dal lavoro sommerso arriva a quasi 5 miliardi di euro. Datichoc che offrono una fotografia inquietant­e del fenomeno.

Peggio della Puglia fanno solo tre regioni meridional­i: Calabria, Campania e Sicilia. Il Sud, dunque, primeggia per il lavoro nero. E non è certo che un primato che può far piacere. L’’ufficio studi della Cgia ha stimato come si ripartisco­no a livello regionale i 78,5 miliardi di euro di fatturato in nero all’anno prodotto dai lavoratori abusivi.

«A livello territoria­le la situazione più critica si presennel Mezzogiorn­o. A fronte di poco più di 1.250.000 occupati irregolari (pari al 38 per cento del totale nazionale), nel Sud il valore aggiunto generato dall’economia sommersa è pari a 26,8 miliardi di euro, pari al 34 per cento del dato nazionale. La realtà meno investita dal fenomeno è il Nordest: il valore aggiunto prodotto dal sommerso è pari a 14,8 miliardi di euro», dice ancora Paolo Zabeo.

In Calabria il tasso di irregolari­tà è pari al 21,6 per cento (136.400 irregolari), in Campania al 19,8 per cento (370.900 lavoratori in nero), in Sicilia al 19,4 per cento (296.300).

In Basilicata, invece, i lavoratori del sommerso sono 29.300, il tasso di irregolari­tà arriva al 14,4 per cento e il valore aggiunto generato dal lavoro irregolare supera i 670 milioni di euro. La media nazionale è pari al 13,1 per cento. Le situazioni più virtuose, infine, si registrano nel Nordest. E non poteva essere diversamen­te.

Il confronto Il tasso di sommerso «fotografat­o» in Basilicata si attesta al 14,4%

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