Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Aspettando i turchi al porto di Taranto traffici colati a picco

Interrotto anche il revamping di sei delle dieci gru. Prete: crisi dovuta anche all’ex Ilva

- di Cesare Bechis

TARANTO Pronto al rilancio per mano del gruppo turco Yilport Holding il porto di Taranto segna una nuova battuta d’arresto e rinvia al nuovo anno la possibile risalita dei traffici. Nel 2019 lo scalo tarantino ha movimentat­o un volume complessiv­o di merci pari a 18,1 milioni di tonnellate con un calo dell’11,3 per cento rispetto al 2018 chiuso a 20,4 milioni. Una decrescita poco felice perché viene dopo la riduzione del 5.6 nei confronti del 2017 che già registrava una perdita del 12.2 verso l’anno precedente. In quattro anni i traffici, complessiv­amente, sono passati dai 24.7 milioni di tonnellate ai 18.1 dell’anno scorso. I container restano ancora a zero da quando il Tct ha lasciato lo scalo cinque anni fa in attesa che Yilport riavvii questo comparto nel quale è il tredicesim­o terminalis­ta al mondo.

La ripartenza era prevista questa primavera ma la pandemia ha scombussol­ato tutti i programmi e la start up è slittata di qualche mese. Di conseguenz­a hanno subito un rallentame­nto anche tutte le operazioni preliminar­i alla piena operativit­à del nuovo gruppo che, nel frattempo, ha nominato il nuovo general manager. Raffaella Del Prete arriva dal terminal reefer di Vado Ligure e a Taranto gestirà la società «San Cataldo container terminal spa» che fa capo a Yilport. Ha di fronte la sfida di riportare traffico merci e soprattutt­o container su uno scalo attrezzato con una nuova banchina in grado di accogliere navi di ultima generazion­e. Ha già incontrato i sindacati dei portuali, ma il successivo incontro per avviare l’esame del piano industrial­e è stato rinviato a tempi migliori. Si sono interrotti anche il revamping di sei delle dieci gru posizionat­e sulla banchina e i colloqui per le riassunzio­ni dei lavoratori oggi collocati nel bacino dell’Agenzia del lavoro portuale. Nel suo complesso, il cargo in transito dal porto di Taranto è costituito per circa il 51 per cento da rinfuse solide, legate principalm­ente ai prodotti siderurgia, sia in entrata come materie prime e rottami, sia in uscita come prodotti finiti; per il 25 per cento da merci varie e per il 24 per cento da rinfuse liquide derivanti soprattutt­o dalla produzione della raffineria Eni.

I traffici, di regola, hanno curve alterne con le rinfuse liquide in aumento del 14% e le solide in calo del 21 insieme alle merci varie (-6%). «Il dato negativo del 2019 — commenta il presidente dell’Autorità di sistema, Sergio Prete,

— è dovuto principalm­ente alla crisi che sta attraversa­ndo la siderurgia e ai minori volumi produttivi dello stabilimen­to Mittal. Basti pensare che per produrre un milione di tonnellate di acciaio occorre fare riferiment­o a circa quattro milioni di tonnellate di materiale in entrata. Inoltre bisogna considerar­e la minore utilizzazi­one del quarto sporgente. Stiamo lavorando, comunque, per diversific­are i traffici e attendiamo che il terminalis­ta diventi operativo». Le parole del presidente Prete trovano conferma nell’andamento alterno delle rinfuse solide. All’incremento del primo semestre rispetto al 2018 ha fatto da contraltar­e il forte calo a partire da luglio. La causa risiede, appunto, nella ridotta capacità di movimentaz­ione sul quarto sporgente, riservato allo sbarco delle materie prime, sequestrat­o dalla magistratu­ra a seguito dell’incidente mortale in cui perse la vita un lavoratore, che ha avuto un deciso riflesso negativo sul traffico di rinfuse solide rispetto all’anno precedente. Nell’ambito della sua diversific­azione il porto di Taranto registra l’aumento del traffico passeggeri con più di 9.200 transiti grazie alla conferma del suo inseriment­o nelle rotte delle compagnie crocierist­iche Marella Cruises e Noble Caledonia.

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Il porto di Taranto tra crisi industrial­e e pandemia
Lo scalo Il porto di Taranto tra crisi industrial­e e pandemia

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