Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Con Teresa Ludovico il Kismet resiste «Pronti a ripartire»
Teresa Ludovico, lo stop forzato e la preparazione de «Il bacio della vedova» di Horovitz
BARI Un’attesa enigmatica, misteriosa. Da teatro dell’assurdo. Chissà quando arriverà Godot. Ma forse non serve un’intera commedia di Beckett. Bastano pochi versi per fissare il momento. «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie», sono le parole chiave di Teresa Ludovico, volto storico del Kismet - lo Stabile d’innovazione del quale è direttrice artistica nel consorzio Teatri di Bari - e regista teatrale che ha portato i suoi spettacoli anche molto lontano, in Oriente. «Questi versi di Ungaretti - racconta penso siano perfetti per descrivere la nostra condizione di precarietà e fragilità. Benché alludano ad un’altra stagione, mi fanno pensare ai ciliegi e alla primavera in Giappone, terra che ho iniziato a frequentare quasi vent’anni fa».
Petali cadenti come le foglie di Ungaretti?
«In questo periodo i giapponesi si siedono sotto i ciliegi per contemplare la stessa bellezza e caducità. Un rito al quale vengono iniziati sin da bambini. Ecco, io sto così, in questa situazione di stupore e attesa».
Si sente anche un po’ disarmata?
«Certo, nessuno della mia generazione e di quelle più giovani si era mai trovato di fronte a un fenomeno così immenso. Mia madre, a 86 anni, la vive naturalmente con un disorientamento diverso, con gli occhi della bambina che è stata durante la guerra».
L’Oriente è una bella fonte d’ispirazione spirituale in questo momento.
«In Giappone hanno un rapporto di comunione con la natura che consente di non provare disperazione di fronte alle calamità. Questo perché nella natura i giapponesi riconoscono sempre qualcosa di sacro».
Cos’altro ha imparato da quella cultura?
«Che devi accogliere, e per farlo devi restare in ascolto, come quando siedi sotto al ciliegio che perde i petali. L’ho capito anche praticando l’aikido, che come altre arti marziali serve a prendere contatto con la propria forza interiore. Il tuo avversario è l’altro, ma è innanzitutto il tuo doppio».
Come trascorre la giornata?
«Recuperando piccoli riti, dalla colazione alla cena. Rallentare tutto fa bene. E, poi, sto mettendo ordine nei cassetti, nella libreria. Fare spazio, eli
minare il superfluo, serve a riconquistare la tranquillità. Naturalmente, niente social, che oltretutto utilizzavo con il contagocce anche prima».
Quali libri consiglierebbe?
«I due che sto leggendo: Il segreto del bosco vecchio di Buzzati, una metafora sulla sacralità della natura e il senso della vita, e Riflessioni sull’arte di vivere di Joseph Campbell, sull’arte di vivere nel sacro e il mito, uno strumento potente che può esserci d’aiuto in questo momento».
Il mito è presente in due spettacoli a lei molti cari, Gilgamesh e In Search of Simurgh.
«Due testi che ci raccontano da un lato come l’unica forma di immortalità dell’uomo sia l’arte e dall’altro come i viaggi degli eroi siano sempre percorsi interiori».
E poi c’è il mondo delle fiabe.
«Più vado avanti con gli anni più scopro che le fiabe mi parlano. Quest’anno avevo scelto come titolo per la Stagione del Kismet A che punto è la notte ispirata alla frase del Libro di Isaia in cui c’è una sentinella a guardia di non sappiamo cosa. La sento come una metafora della vita, ma anche del teatro, che solleva domande senza dare quelle risposte che dobbiamo cercare noi stessi».
Tutto è rinviato, la programmazione dei Teatri di Bari, quasi certamente il Maggio all’infanzia. Sta riuscendo a trovare l’entusiasmo per lavorare a nuovi progetti?
«Sto mettendo a punto una nuova produzione che avevo presentato in forma di studio e spero di poter mettere in scena l’anno prossimo. Si tratta de Il bacio della vedova dell’americano Israel Horovitz, un testo crudo e asciutto. Un modo diverso di raccontare la nostra esistenza».
Le fiabe «Più vado avanti con gli anni e più scopro che mi parlano Metafora della vita»