Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dieci giorni in quarantena riparando il frullatore

- di Walter Guerriero

Sto impazzendo. Mi alzo dal divano, vado al frigorifer­o per bere. Vorrei vedere una faccia conosciuta, ma anche quella di un ignoto mi andrebbe bene. Oggi è il decimo giorno di quarantena. Il picco dell’infezione è stato superato, dicono al telegiorna­le, ma la paura è ancora tanta . Ma ho un’idea: vado nello sgabuzzino, prendo il frullatore e lo riparo.

Sto impazzendo! Mi alzo dal divano, vado al frigorifer­o per bere. Mi siedo alla poltrona e apro un libro. Neanche due minuti e mi rialzo, vado alla finestra, guardo giù in strada ma non c’è nessuno. Indugio un momento, sperando di vedere qualcuno comparire dall’angolo della strada. Nel buio della sera, vorrei vedere una faccia conosciuta, ma anche quella di un qualsiasi ignoto mi andrebbe bene. Dopo un minuto mi rassegno, distolgo lo sguardo che cade sul calendario: oggi è il decimo giorno di quarantena. Il picco dell’infezione è stato superato, dicono al telegiorna­le, ma la paura è ancora tanta e stanno tutti chiusi in casa.

Ritorno a guardare attraverso la finestra, ma l’assenza di persone, di movimento, mi comunica un silenzio spettrale che non posso sentire, sovrastato dalla television­e accesa. Rassegnato, torno al divano. Sento le voci degli annunciato­ri, ma non riesco a concentrar­mi per sentire quello che dicono. Riesamino la mia vita negli ultimi dieci giorni. Dieci giorni chiuso nella mia casa. Volontaria­mente. Niente spesa, niente tabaccaio, giornalaio o altro. Niente di quel che normalment­e avrei fatto. Il tempo si è come cristalliz­zato: la polvere della clessidra si è fermata, posso persino vedere i granelli sospesi nello stretto collo che determina la velocità del fluire della vita. Le telefonate, internet, la TV mi hanno tenuto attaccato al mondo reale, ma il corpo, la mente, hanno smesso di vivere. Non ho potuto amare chi mi ama, non mi sono potuto occupare di chi ha bisogno di me, sono solo riuscito biologicam­ente, egoisticam­ente, ad aggiungere dieci fottutissi­mi inutilissi­mi giorni alla mia vita. E me ne aspettano altri ancora.

Suonano al citofono e mi risveglio dai miei pensieri. E’ il ragazzo che mi porta la spesa a domicilio. Mentre lui sale preparo la busta con i soldi che lascio sul pianerotto­lo. Resto con l’orecchio attaccato alla porta. Lo sento arrivare col passo pesante, ne indovino i movimenti, poggia la spesa a terra, al suo fianco,e prende la busta lì poggiata, la apre e controlla il contenuto. Soddisfatt­o,

si gira e va via facendo risuonare i passi, sempre più deboli sino a scomparire. Questo appena finito è stato l’unico contatto ravvicinat­o di oggi con un essere vivente. Nel silenzio assoluto apro la porta e recupero la spesa, un attimo e sigillo nuovamente la mia vita dietro la porta. Mi risiedo sul divano. Chiudo gli occhi: devo riuscire a dare un senso a questo periodo infame. Cosa posso fare per poter dire: non è passato del tempo invano?

All’improvviso mi viene un’idea! Nello sgabuzzino, conservato chissà dove, ci dev’essere ancora il frullatore che si è rotto l’anno scorso. Mi ero sempre ripromesso di ripararlo, ma la vita frenetica di fino a qualche giorno fa non me lo aveva permesso. Ho avuto sin da piccolo la passione di riparare, dapprima i giocattoli e poi i piccoli oggetti, sviluppand­o nel tempo abilità e conoscenza da falegname e da elettricis­ta. Tempo 10 minuti, ed il tavolo da lavoro è pronto: un panno che ricopre tutta l’area, tester, giravite, pinza e pinzetta, saldatore, stagno. Porca miseria, ci ho messo tre giorni, ma alla fine il frullatore ha ripreso a funzionare! E finalmente, con l’animo leggero, ho potuto guardarmi indietro e trovare un senso per i giorni trascorsi. Fa niente che il frullatore sarebbe tornato nello sgabuzzino, visto che l’avevo sostituito da tempo con uno molto più recente. Ma il piacere di aver riportato in vita un oggetto ormai abbandonat­o mi ha fatto tornare il sorriso e la stima in me stesso. In qualche modo, ho ricaricato le mie pile, ed ora mi sento pronto a tornare a fare il mio lavoro: il chirurgo, in ospedale. Si, perché io «riparo» le persone! E in questo particolar­e periodo della nostra vita, stare fermo per due settimane, è un prezzo troppo caro da pagare alla coscienza.

 ??  ?? Il cardiologo e autore Walter Guerriero
Il cardiologo e autore Walter Guerriero
 ??  ?? Perché non un frullatore?
Perché non un frullatore?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy