Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Rifiuti, Italcementi ha chiuso Smaltimento ora in discarica
Entro 4 giorni la ditta La Carpia non potrà più raccogliere l’indifferenziato
MATERA Italcementi, il colosso che produce a Matera cemento e lo esporta a tonnellate in tutta Europa, ieri ha chiuso i battenti. È uno degli effetti del decreto del premier Giuseppe Conte che per contenere l’emergenza sanitaria da coronavirus ha deciso di serrare le fabbriche ritenute non essenziali. Questo potrebbe generare una crisi di rifiuti perché esiste una correlazione tra lo smaltimento dell’indifferenziato e il cementificio. Esiste perché al cementificio brucia il combustibile prodotto da una ditta che tritovaglia l’indifferenziata rendendola «digeribile» dagli alti forni del cementificio. Ma la crisi è dietro l’angolo. Questo perché già qualche giorno fa la ditta aveva inviato alla regione Basilicata una relazione nella quale si faceva esplicito riferimento a questa situazione che poi si è avverata.
«L’intera filiera potrebbe andare in tilt entro pochi giorni». E questo potrebbe accadere entro quattro giorni a Matera e alla sua provincia che tragicamente rischia di riempiersi di spazzatura in un momento difficile. L’Italcementi brucia i rifiuti trattati dalla ditta La Carpia di Ferrandina che raccoglie indifferenziata e differenziata di 20 comuni tra cui le 80 tonnellate giornaliere di Matera. Molti di questi rifiuti vengono trattati e diventano combustibile per il cementificio. Ma se il cementificio resta chiuso questi rifiuti che fine fanno? La Carpia è titolare del centro attrezzato per la messa in riserva di rifiuti pericolosi e non pericolosi e produzione di combustibile nel comune di Ferrandina. «La nostra società si ritroverebbe priva di destinazione per i prodotti di recupero e quindi di conseguenza non potrebbe più garantire la propria disponibilità ad accettare rifiuti generando un collasso dell’intero sistema di gestione dei rifiuti regionali. Saremo costretti a interrompere i flussi creando emergenze ambientali inimmaginabili in tutta la regione», scrivono in una lettera indirizzata alla Regione e ai vari organi competenti. «Nel momento in cui Italcementi chiude La Carpia potrà garantire il ritiro per massimo 5 giorni», c’è scritto nella lettera. Ma la stessa azienda propone una soluzione agli uffici regionali con una relazione tecnica molto articolata e precisa. «La società è proprietaria di circa 10mila metri quadrati di terreno adiacente alla struttura e potrebbe essere usato per la messa in riserva di tutti i rifiuti». I rifiuti trattati, dunque, con tutte le dovute cautele potrebbero essere trattati e accantonati in attesa che il cementificio possa continuare a bruciare. La palla è passata alla Regione che adesso entro poche ore dovrà trovare una soluzione, prima della catastrofe. Alcune voci parlano invece della possibilità di conferire in discarica i rifiuti trattati a Ferrandina. C’è uno spazio a La Martella e potrebbe essere usato per questo caso. Anche se non è una soluzione facile da praticare perché la discarica è chiusa ed è in atto la bonifica.
La Carpia ieri ha scritto nuovamente in regione per ricordare, se ce ne fosse il bisogno che la situazione presto potrebbe degenerare. La situazione potrebbe anche risolversi per il meglio in un altro modo. Ieri la dita ha chiesto che fosse autorizzata non solo per lo spazi di sua proprietà di circa 10 mila metri quadrati, ma anche per accumulare i rifiuti trattati sulle piattaforme che ha a disposizione nella sua azienda che oltre che a Matera serve altri comuni della provincia: in totale 80 comuni. La regione potrebbe approvare con un decreto il progetto a costo zero dell’azienda che di fatto aiuterebbe l’azienda a stoccare i rifiuti che tratta in attesa che Italcementi possa riaprire le porte e accedere nuovamente i forni per la produzione del cemento.
L’allarme L’azienda produce dagli scarti materiale combustibile per farlo bruciare nei cementifici