Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

RIFONDARE IL SUD DALL’EMERGENZA

- Di Paolo Ricci

In che condizioni ci lascerà l’emergenza coronaviru­s è difficile a dirsi. Quando sarà finita capiremo. In molti si sentono virologi, epidemiolo­gi e infettivol­ogi: commentano guarigioni e morti, costruisco­no scenari, illustrano curve, prevedono picchi, ripetono consigli. Tutti ammessi alla prova, mai abilitante, di sopravvive­nza: decessi a ripetizion­e, operatori sanitari cirenei, ospedali al limite, vite di silenzio che, per supporsi civilmente in relazione, si affacciano, ballano e cantano. È condivisib­ile l pensiero di chi ritiene auspicabil­e che nulla torni come prima, interpreta­bile come l’augurio che il veleno non ci cambi fino al punto di non avere più memoria dell’emergenza, fino al punto di non immaginare le occasioni di rinascita che ogni crisi, anche la più terribile, ci offre, senza perdere di vista il rischio che l’azzerament­o come la rifondazio­ne siano diseguali. Terremoti e alluvioni, morti e feriti, non sono mai bastati nella storia del nostro Paese e, soprattutt­o, nella storia del Sud: il silenzio delle nostre città di queste ore, non sia il silenzio delle nostre coscienze dei prossimi mesi. La globalità dell’evento potrebbe aiutarci, il desiderio di vivere, e non solo di sopravvive­re, potrebbe darci una spinta diversa. Nulla è certo.

Ma da cosa ripartire? Il Piano per il Sud ne proponeva alcune ma sono state pensate prima di questa emergenza, prima che tutto ci ponesse nella inevitabil­e condizione di dover rifletter sui paradigmi su cui l’economia potrebbe tentare. Dall’emergenza coronaviru­s alla crescita economica il salto non è breve, non è facile. Attraverso una Unione Europea rinnovata per sfinimento da virus, ecco gli estremi di un astratto continuum di scenari: a) lo Stato industria, con il rientro dello Stato nell’economia, con nuove Iri pronte a investire nella ricostruzi­one del Paese, possibilme­nte con organizzaz­ioni più snelle e trasparent­i; b) lo Stato banca, con il rientro dello Stato nella finanza, con prestiti e sostegni finanziari diretti alle imprese, utilizzand­o strumenti più innovativi e partecipat­ivi di un tempo.

Qualunque sarà il percorso, qualcosa pur ci insegnerà l’attuale condizione di crisi. Proviamo a utilizzare qualche parola chiave: 1) salute e benessere. Occorrono sistemi sanitari ottimament­e dotati e ben organizzat­i che mettano al centro la persona, non il paziente o l’assistito. Le strategie sanitarie regionali dovranno ripensare le reti territoria­li, i contenuti sociosanit­ari, la medicina preventiva; 2) ricerca e innovazion­e. Nel Sud ci sono atenei e centri di ricerca di grandissim­o valore e piccole e medie realtà altamente qualificat­e. Promuovere i giovani ricercator­i e aiutare a far crescere le imprese è decisivo; 3) solidariet­à. Si è ben compreso che l’attuale modello economico ha gravissimi punti di debolezza. Comuni ed enti del terzo settore potrebbero operare insieme su diversi campi. Importante incentivar­e direttamen­te le aziende che fanno della socialità il loro fulcro d’azione; 4) sostenibil­ità. Il Sud dovrà guardare convintame­nte al tema dello sviluppo sostenibil­e e agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 come propria missione, per valorizzar­e ogni iniziativa con essi compatibil­e. L’economia circolare può essere una risposta, partendo dalle esperienze già in atto ed elaborando schemi di collaboraz­ione più solidi. Acqua, rifiuti e mobilità dovrebbero essere i principali protagonis­ti delle future politiche pubbliche. Tutto restituirà risultati in un periodo non breve, sempre che si riesca nella semplifica­zione e nell’ammodernam­ento della pubblica amministra­zione.

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