Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
RIFONDARE IL SUD DALL’EMERGENZA
In che condizioni ci lascerà l’emergenza coronavirus è difficile a dirsi. Quando sarà finita capiremo. In molti si sentono virologi, epidemiologi e infettivologi: commentano guarigioni e morti, costruiscono scenari, illustrano curve, prevedono picchi, ripetono consigli. Tutti ammessi alla prova, mai abilitante, di sopravvivenza: decessi a ripetizione, operatori sanitari cirenei, ospedali al limite, vite di silenzio che, per supporsi civilmente in relazione, si affacciano, ballano e cantano. È condivisibile l pensiero di chi ritiene auspicabile che nulla torni come prima, interpretabile come l’augurio che il veleno non ci cambi fino al punto di non avere più memoria dell’emergenza, fino al punto di non immaginare le occasioni di rinascita che ogni crisi, anche la più terribile, ci offre, senza perdere di vista il rischio che l’azzeramento come la rifondazione siano diseguali. Terremoti e alluvioni, morti e feriti, non sono mai bastati nella storia del nostro Paese e, soprattutto, nella storia del Sud: il silenzio delle nostre città di queste ore, non sia il silenzio delle nostre coscienze dei prossimi mesi. La globalità dell’evento potrebbe aiutarci, il desiderio di vivere, e non solo di sopravvivere, potrebbe darci una spinta diversa. Nulla è certo.
Ma da cosa ripartire? Il Piano per il Sud ne proponeva alcune ma sono state pensate prima di questa emergenza, prima che tutto ci ponesse nella inevitabile condizione di dover rifletter sui paradigmi su cui l’economia potrebbe tentare. Dall’emergenza coronavirus alla crescita economica il salto non è breve, non è facile. Attraverso una Unione Europea rinnovata per sfinimento da virus, ecco gli estremi di un astratto continuum di scenari: a) lo Stato industria, con il rientro dello Stato nell’economia, con nuove Iri pronte a investire nella ricostruzione del Paese, possibilmente con organizzazioni più snelle e trasparenti; b) lo Stato banca, con il rientro dello Stato nella finanza, con prestiti e sostegni finanziari diretti alle imprese, utilizzando strumenti più innovativi e partecipativi di un tempo.
Qualunque sarà il percorso, qualcosa pur ci insegnerà l’attuale condizione di crisi. Proviamo a utilizzare qualche parola chiave: 1) salute e benessere. Occorrono sistemi sanitari ottimamente dotati e ben organizzati che mettano al centro la persona, non il paziente o l’assistito. Le strategie sanitarie regionali dovranno ripensare le reti territoriali, i contenuti sociosanitari, la medicina preventiva; 2) ricerca e innovazione. Nel Sud ci sono atenei e centri di ricerca di grandissimo valore e piccole e medie realtà altamente qualificate. Promuovere i giovani ricercatori e aiutare a far crescere le imprese è decisivo; 3) solidarietà. Si è ben compreso che l’attuale modello economico ha gravissimi punti di debolezza. Comuni ed enti del terzo settore potrebbero operare insieme su diversi campi. Importante incentivare direttamente le aziende che fanno della socialità il loro fulcro d’azione; 4) sostenibilità. Il Sud dovrà guardare convintamente al tema dello sviluppo sostenibile e agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 come propria missione, per valorizzare ogni iniziativa con essi compatibile. L’economia circolare può essere una risposta, partendo dalle esperienze già in atto ed elaborando schemi di collaborazione più solidi. Acqua, rifiuti e mobilità dovrebbero essere i principali protagonisti delle future politiche pubbliche. Tutto restituirà risultati in un periodo non breve, sempre che si riesca nella semplificazione e nell’ammodernamento della pubblica amministrazione.