Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ripartire tra la gente senza avere paura
Homo homini virus Il Covid-19 ci ha allontanato dagli altri, il distanziamento è diventato una ragione di vita Ora c’è bisogno di riavvicinarci
Non saremo più gli stessi. Inutile negarlo. I nostri padri che hanno visto la seconda guerra mondiale e tutte le sue atrocità ci hanno raccontato di aver avuto la vita segnata per sempre. Però hanno vissuto anche il periodo della ricostruzione post-bellica con una straordinaria grinta, determinazione e forza di volontà per tornare ad essere protagonisti del proprio futuro. Periodo che portò al boom economico degli anni ‘60 e a un nuovo benessere sociale. Una sfida che fu vinta senza avere paura dell’altro. Tutti insieme.
Oggi siamo davanti ad una catastrofe sanitaria epocale. Più grave della guerra che dilaniò l’Italia e le singole anime dei suoi abitanti. Il Covid-19 ha seminato morte e terrore in tutto il mondo (e purtroppo lo farà ancora fin quando non sarà trovato il vaccino), ha minato la nostra anima e smascherato tutte le nostre paure e ansie, anche quelle più recondite, che magari non credevamo neppure di avere. Ma, come avvenne negli anni del dopoguerra, oggi possiamo e dobbiamo farcela. Bisognerà, però. partire da un concetto basilare: non si può avere più paura degli altri.
La «fase 2» ormai alle porte ha un obiettivo ben preciso: non si tratta solo della ripresa delle attività produttive (sacrosanta, certo, per rimettere in moto il Paese, a cominciare proprio dal Mezzogiorno), ma soprattutto di far risplendere gli occhi che si sono spenti in questi due mesi di quarantena. Occhi tristi e senza luce. Occhi di chi in silenzio, con mascherine e guanti, fa una fila lunghissima al supermercato. Senza guardare l’altro che è a un metro di distanza per motivi di sicurezza. Anzi, evitandolo proprio. E se l’altro osa avvicinarsi troppo, senza volerlo, quegli occhi da smarriti diventano torvi. Le occhiate si fanno occhiatacce. Siamo diventati come animali selvaggi. Marchiamo il nostro territorio. Homo homini virus.
Fino a due mesi fa non era così, la socialità veniva prima di ogni altra cosa. E si manifestava in comportamenti spontanei e umani che oggi ci sono stati interdetti: le strette di mano, gli abbracci, i baci. Le nostre utopie sono diventate distopie e il contatto con l’altro è veicolato solo tramite freddi, lontani collegamenti on line: la scuola, il lavoro, lo svago si riconvertono così.. E tutto ciò che fino
Post-bellico Per vincere la sfida bisogna essere uniti, superare le rivalità, prendendo spunto dai nostri padri nel dopoguerra
a non molto tempo fa era vizioso, d’improvviso è diventato virtuoso. Ancorché virtuale. Per il resto viviamo nell’incubo a tempo indeterminato dell’isolamento privo di futuro e di progettualità.
Ecco, la «fase 2» deve partire con il desiderio di tornare ad essere un popolo vivo, allegro, unito. Sorridente come lo sguardo di infermieri. medici e volontari che hanno curato, curano e cureranno i malati. Un popolo che lascia al passato le stupide contrapposizioni e rivalità tra Nord e Sud e conquista l’unicità di intenti.
«Liberi non sarem se non siam uni» scriveva Alessandro Manzoni nel 1815. E uni saremo, lo ha ribadito anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 25 aprile, all’Altare della Patria, se solo riusciremo a superare le conflittualità, le lacerazioni e gli egoismi localistici, restando noi stessi. Proprio come è accaduto dopo la fine della seconda guerra mondiale alla generazione dei nostri genitori.