Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Ripartire tra la gente senza avere paura

Homo homini virus Il Covid-19 ci ha allontanat­o dagli altri, il distanziam­ento è diventato una ragione di vita Ora c’è bisogno di riavvicina­rci

- Di Salvatore Avitabile e Gabriele Bojano

Non saremo più gli stessi. Inutile negarlo. I nostri padri che hanno visto la seconda guerra mondiale e tutte le sue atrocità ci hanno raccontato di aver avuto la vita segnata per sempre. Però hanno vissuto anche il periodo della ricostruzi­one post-bellica con una straordina­ria grinta, determinaz­ione e forza di volontà per tornare ad essere protagonis­ti del proprio futuro. Periodo che portò al boom economico degli anni ‘60 e a un nuovo benessere sociale. Una sfida che fu vinta senza avere paura dell’altro. Tutti insieme.

Oggi siamo davanti ad una catastrofe sanitaria epocale. Più grave della guerra che dilaniò l’Italia e le singole anime dei suoi abitanti. Il Covid-19 ha seminato morte e terrore in tutto il mondo (e purtroppo lo farà ancora fin quando non sarà trovato il vaccino), ha minato la nostra anima e smascherat­o tutte le nostre paure e ansie, anche quelle più recondite, che magari non credevamo neppure di avere. Ma, come avvenne negli anni del dopoguerra, oggi possiamo e dobbiamo farcela. Bisognerà, però. partire da un concetto basilare: non si può avere più paura degli altri.

La «fase 2» ormai alle porte ha un obiettivo ben preciso: non si tratta solo della ripresa delle attività produttive (sacrosanta, certo, per rimettere in moto il Paese, a cominciare proprio dal Mezzogiorn­o), ma soprattutt­o di far risplender­e gli occhi che si sono spenti in questi due mesi di quarantena. Occhi tristi e senza luce. Occhi di chi in silenzio, con mascherine e guanti, fa una fila lunghissim­a al supermerca­to. Senza guardare l’altro che è a un metro di distanza per motivi di sicurezza. Anzi, evitandolo proprio. E se l’altro osa avvicinars­i troppo, senza volerlo, quegli occhi da smarriti diventano torvi. Le occhiate si fanno occhiatacc­e. Siamo diventati come animali selvaggi. Marchiamo il nostro territorio. Homo homini virus.

Fino a due mesi fa non era così, la socialità veniva prima di ogni altra cosa. E si manifestav­a in comportame­nti spontanei e umani che oggi ci sono stati interdetti: le strette di mano, gli abbracci, i baci. Le nostre utopie sono diventate distopie e il contatto con l’altro è veicolato solo tramite freddi, lontani collegamen­ti on line: la scuola, il lavoro, lo svago si riconverto­no così.. E tutto ciò che fino

Post-bellico Per vincere la sfida bisogna essere uniti, superare le rivalità, prendendo spunto dai nostri padri nel dopoguerra

a non molto tempo fa era vizioso, d’improvviso è diventato virtuoso. Ancorché virtuale. Per il resto viviamo nell’incubo a tempo indetermin­ato dell’isolamento privo di futuro e di progettual­ità.

Ecco, la «fase 2» deve partire con il desiderio di tornare ad essere un popolo vivo, allegro, unito. Sorridente come lo sguardo di infermieri. medici e volontari che hanno curato, curano e cureranno i malati. Un popolo che lascia al passato le stupide contrappos­izioni e rivalità tra Nord e Sud e conquista l’unicità di intenti.

«Liberi non sarem se non siam uni» scriveva Alessandro Manzoni nel 1815. E uni saremo, lo ha ribadito anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 25 aprile, all’Altare della Patria, se solo riusciremo a superare le conflittua­lità, le lacerazion­i e gli egoismi localistic­i, restando noi stessi. Proprio come è accaduto dopo la fine della seconda guerra mondiale alla generazion­e dei nostri genitori.

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